E non ci indurre in riflessione

Se in piena emergenza sanitaria globale possiamo constatare che, purtroppo, la medicina non è una scienza esatta, le nostre uniche certezze sono rappresentate dalle riflessioni che, però, principiano dai dubbi, vero motore del pensiero quindi della conoscenza.
Mentre tutti siamo reclusi in casa con il pensiero fisso a come salvarci la vita e non attentare a quella altrui, magari proprio dei nostri cari più prossimi, tutto il resto non rappresenta più una priorità.
Lo stesso Coronavirus, assurto a emergenza sanitaria che ha messo in chiaro l’emergenza organizzativa e strutturale di decenni di mala gestione della nostra Sanità, altro non potrebbe essere che un’arma di distrazione di massa.

Ci è facile sentire persino dalle nostre abitazioni, divenute solitario luogo di rifugio, le sirene delle innumerevoli ambulanze a ogni ora del giorno e della notte, che a sentirle bene – se non se ne è nauseati – hanno lo stesso rumore dell’avviso antiaereo dell’imminente bombardamento e del rinchiudersi nei rigugi. Altri feriti sul campo, altri caduti. Stavolta in Patria.

Così l’assordante silenzio delle nostre case, deve per forza essere rotto da comuni “sceneggiate” dai balconi. Per un briciolo di normalità, per quel sapore di aria di libertà negata e, ora, addirittura infausta. Balconi che l’attuale governo aveva pensato di tassare se avessero proiettato ombra sul suolo pubblico.

Mentre ci confinano tra quei muri che trasudano mutuo e sudore che non sappiamo se e quando riusciremo più a pagare e ci distraggono con l’arte portata in casa e la cultura a domicilio sul divano, tentano di non farci più pensare: a scuola, il cui unico compito dovrebbe essere quello del leggere e comprendere, quindi di riflettere, non ci fanno più accedere ed è stato uno di primi posti a essere chiuso. In mancata ottemperanza del mantra governativo “il vairus non colpisce i bambini”. Forse proprio per i bambini bisogna essere positivi, ma è davvero difficile farlo in un’epoca dove anche la positività è guardata come una minaccia.
Minaccia che non ignorava di certo il premier Conte che, già in Gazzetta Ufficiale del 31 gennaio scorso, dichiarava l’emergenza sanitaria della durata di sei mesi, sottovalutata visto i tempi e i modi di reazione alla mancata organizzazione. Evitata da Zingaretti e compagni che, da Segretario di una delle due forze di governo, invitava tutti a uscire e, tra gli abbracci finti come certi oggetti cinesi, degustare involtini primavera. ​ Mentre la Nazione veniva avvolta dalla sua di primavera, araba solo per chi prediligeva un inesistente razzismo ai danni del Covid-19, a sua volta, ai danni dell’Italia. Nessuna riflessione da parte del ministro degli esteri Luigi Di Maio che, in quanto esterofilo, inviava tonnellate di materiale sanitario alla Cina ad emergenza nazionale (la sua!) dichiarata. Rendendo, di fatto, i nostri camici bianchi soldati in guerra senza equipaggiamento. Un po’ come quelli sognati e realizzati dal Premier e dall’ex ministro Trenta, “impiegati nelle retrovie a parlare di pace”. ​ Forse, sono i decreti non letti, o quelli del suo stesso Governo a mandare in confusione la gente. Quelli annunciati a tarda sera senza essere promulgati e quelli già in vigore senza essere stati approvati. Chissà quale riflessione avrà fatto il ministro Speranza a vedere i medici in corsia coperti da buste della spazzatura, quei medici ammalati e positivi, quelli reclutati dalla pensione che vanno a salvare i loro coetanei, quelli chiamati dall’inoccupazione a salvare vite umane, ciò per cui hanno affrontato sacrifici, e che adesso sono ripagati con vitto, alloggio e spese di viaggio. Sapendo già che sarà una battaglia non persa, ma mai ingaggiata. Per loro, per i vecchi, non ci sarà posto in ospedale. Per loro, per i vecchi non ci saranno cure e respiratori. Un palliativo è rappresentato dai tamponi che permette di riconoscere il Covid anche nei soggetti asintomatici, ma i pluridecennali tagli al settore hanno fatto sì che mancano i reagenti ed i tecnici di laboratorio per analizzarli. Di qui l’invito obbligatorio a restare a casa, emarginando gli ammalti, ma non il virus che continua ad essere ospitato nella società. Anziché essere confinato negli ospedali con la possibilità di essere curato. E, se non sconfitto, quantomeno isolato. ​ Chissà se, riflettendo, qualcuno spiegherebbe qual è l’esatto confine per il genocidio. Chissà se, riflettendo sulla gestione dell’intera emergenza, qualcuno si renderebbe conto che questo governo ha omesso degli atti di ufficio (art. 328 C.P.) e ha favorito la diffusione dell’epidemia (art. 438 C.P.). Chissà se, riflettendo nel suo silenzio carico di assenza e di assenso, il presidente Mattarella – da costituzionalista qual è – ravviserebbe in tale operato l’attentato alla Costituzione che, all’art. 238 C.P, recita che “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”. Chissà se, riflettendo, ci si renderebbe conto che l’emergenza si combatte a mo’ di decreti che, se non convertiti in legge entro sessanta giorni dal Parlamento, se ne perde l’efficacia, ma il Parlamento stava per non essere più del tutto convocato. In sputo ad ogni regola base della democrazia. Chissà se il numero uno della Protezione Civile Angelo Borrelli, prossimo alla verità (almeno sulla gestione dell’emergenza) in quanto contabile, riuscirà a dirci che la regione più colpita non è la Lombardia, motore dell’economia italiana, ma le Marche. In rapporto al numero di abitanti e di contagiati.

Chissà se ci si rende conto che, facendo leva sulla paura, i cittadini tutti si indociliscono e diventano obbedienti ai voleri del tiranno per propria volontà. Intanto continuano a confinarci (illegittimamente) dentro casa fino a data da destinarsi. Con la gente che, se ci arriverà, alla fine dovrà togliersi la mascherina ed indossare il passamontagna. Pure in estate. Ma gli esperti rassicurano: state a casa, godetevi la famiglia, riappropriatevi del tempo, cucinate, giocate, non sentite le notizie se non una volta al giorno. Non pensate. Non inducetevi in riflessione.
Con la preghiera di liberarci presto dal male…

—  Tony Fabrizio —

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