SCRIVERE DI MAFIA OGGI E’ SEMPRE PIU’ DIFFICILE – Chi scrive sulla mafia, è di solito emarginato e lo fa rischiando in proprio e a volte mettendo a rischio anche i propri familiari. Negli ultimi trent’anni sono stati quindici in Italia i rappresentanti della stampa uccisi dalla mafia. Molti giornalisti sono minacciati, con avvertimenti di ogni tipo che vanno dai pneumatici bucati, a lettere intimidatorie, proiettili e persino incendi di autovetture. A ciò si aggiungano le “utili” richieste di risarcimento danni e le eventuali diffamazioni che servono da deterrente efficace, tenuto conto della lentezza della giustizia, e della debole difesa di chi scrive di mafia.
L’obiettivo dei mafiosi è di sfiancare il libero pensiero e la ricerca della verità . Le mafie vogliono che di loro si parli il meno possibile. Il loro ideale sarebbe il silenzio assoluto. Purtroppo gli strumenti di diffusione della libertà di pensiero disponibili sono pochi e spesso non sono all’altezza della sfida.
Gli affari delle mafie in Italia ottengono scarsa attenzione in proporzione ai danni che esse producono all’economia e alla società civile in modo particolare nei confronti della nostra gioventù. Scrivere di mafie, di corruzione è difficile e dispendioso e, sebbene il reale dovere della stampa di riferire su ogni episodio sospetto sia costituzionalmente sancito, nella realtà raccontare la verità e diventato sempre più difficile.
Per quanto mi riguarda, diffondo la legalitĂ nelle scuole tra gli studenti di ogni ordine e grado e scrivo di continuo di mafia e di corruzione (oltre mille articoli) e ho piĂą volte subito minacce di morte per la mia attivitĂ . Nella mia insistenza contro le mafie e con i miei lavori, opinioni e analisi scientifiche ho piĂą volte affrontato temi scottanti e le conseguenze non si sono fatte attendere: minacce, querele e pressioni di ogni tipo.
Ho creduto e credo tuttora nel pensiero di Pippo Fava che con grande lungimiranza aveva più volte affermato che i mafiosi fossero in Parlamento, a volte sono diventati ministri, a volte banchieri, a volte imprenditori di alto livello. Lui sosteneva che i veri mafiosi occupassero i vertici della Nazione. Per il grande giornalista all’epoca questo era un equivoco di fondo, oggi, purtroppo, è una certezza, peraltro, giudizialmente più volte già acclarata.
Il problema della lotta alle mafie oltre ad una reazione sociale forte, a forze dell’ordine e magistratura dotate di mezzi efficaci ha bisogno di una stampa libera e indipendente che faccia da guardiano al potere provando a impedire di portare alla rovina, al decadimento definitivo l’Italia. In una nazione democratica e libera come dovrebbe essere la nostra, il giornalismo deve rappresentare uno degli elementi fondanti della societĂ civile. Lo paragono all’aria che respiriamo, che è sana o inquinata seconda come il giornalista decida di divulgare una notizia e di conseguenza informare i cittadini.
Un giornalismo puro e veritiero, per assolvere la sua funzione piĂą intima, a mio giudizio, oggi, dovrebbe impedire lo svilupparsi della corruzione, frenare la criminalitĂ organizzata, controllare e vigilare sulle opere pubbliche fondamentali, reclamare il funzionamento dei servizi sociali, tenere allerta le forze dell’ordine, sollecitare il funzionamento della giustizia, richiamare all’ordine i politici al buon governo e al bene comune. Questa dovrebbe essere l’essenza del vero giornalismo. Oggi, viceversa, i media hanno perso buona parte dei connotati etici occupandosi ad esempio pochissimo delle infiltrazioni del cancro criminale all’interno della politica, delle istituzioni, dell’imprenditoria e della societĂ civile (SanitĂ , UniversitĂ , libere professioni e così via).
Le commistioni tra mafie e politica sono in grado oggi di schiacciare la giustizia e la verità perché possiedono e indirizzano giornali e giornalisti e laddove non riescono a esercitare questo potere, sono in grado di influenzare colpendoli economicamente (diniego sovvenzioni, querele, risarcimento danni, processi) i mass media stessi. Motivi questi per i quali occorre denunciare la grande criminalità organizzata: quella che governa e regna nelle istituzioni, che insozza la società civile, che attraverso il clientelismo e il nepotismo impera nelle stanze dei bottoni dei poteri forti.
Ecco perché ripeto ancora una volta che il compito del vero giornalista, libero e indipendente, è semplicemente quello di raccontare la verità , tutta la verità e nient’altro che la verità . I giornalisti devono svelare i rapporti tra mafia, politica e corruzione evitando i silenzi, i veli omertosi, la poca chiarezza, tutti comportamenti che li rendono complici di questi meccanismi deleteri. Non dimentichiamoci mai che tra le funzioni della stampa vi è anche quella di informare il cittadino affinché possa esercitare consciamente la sua sovranità .
Vincenzo Musacchio, giurista e direttore della Scuola di Legalità “don Peppe Diana” di Roma e del Molise