La tratta di esseri umani: un’attività economica che non conosce sosta

di Antonio Amorosi

Lo schiavo sotto casa e bello e non può mancare nelle nostre società.

Viviamo in contesti urbani in cui il megaricco e lo schiavo, spesso donna o minore, convivono nella stesso angolo di strada o nello stesso palazzo e nessuno ci fa neanche più caso. I numeri di questa catastrofe sociale, anche se sommari, li racconta il secondo Rapporto della Commissione Europea sul traffico di esseri umani (pubblicato ad inizio dicembre).

La “tratta” è un’attività economica che non conosce sosta e non entra mai in crisi.

Sono 20.532 gli uomini, le donne e i bambini registrati nell’Unione Europea nel periodo 2015-2016, cioè chi ha denunciato o è finito nella maglie penali o nel sistema di protezione. Cifre minime rispetto alle dimensioni del fenomeno che si inabissa nel sommerso.

Per “tratta” si intende il reclutamento e trasporto delle vittime nei Paesi occidentali, spesso utilizzando l’arma della violenza con ovvi tornaconti economici, ottenuti da chi la gestice: lo scopo è ovviamente il guadagno, così come la principale attività di struttamento è quella sessuale.

Secondo i dati Onu in Europa, oltre il 60% delle vittime di “tratta” sarebbero sfruttate a fini sessuali. Le donne e le ragazze sono i principali obiettivi dei trafficanti (68%), ma anche i bambini (23%) sono prede ricercate. Il traffico per un parallelo sfruttamento lavorativo si àncora invece su numeri più bassi (26%) anche se sempre significativi.

A fronte di un fenomeno tanto odioso gli strumenti di contrasto appaiono inadeguati e lo dimostrano il numero di azioni penali e di condanne limitato, con 5.979 azioni penali e 2.927 condanne riportate, e solo 18 condanne per aver usato consapevolmente i servizi forniti dalle vittime.

A riprova che la politica di difesa dell’immigrazione senza regole che vediamo spesso sui media italiani ed europei resta un esercizio retorico fine a se stesso e che non si traduce in strumenti pratici di protezioni di chi davvero vive condizioni di schiavitù.

Per arrivare in Italia non è solo quella libica la rotta prevalente ma lo sono anche i balcani. Minimo comune denominatore restano le reti di intermediari che accompagnano la vittima, solitamente ricattata con le proprie famiglie, fino a destinazione. In termini economici durante tutto il tragitto si “muovono” a persona intorno ai 30.000 euro e spesso la vittima paga per raggiungere la meta.

Il secondo rapporto della Commissione Europea racconta anche che con il passare degli anni l’età delle vittime è sempre più basso, con la tendenza dei trafficanti ad “investire” principalmente sui minori.

Il numero maggiore di vittime comunitarie presenti sul nostro territorio è di nazionalità rumena mentre la maggioranza delle vittime provenienti da Paesi non comunitari è di nazionalità nigeriana. Negli ultimi anni sono stati inseriti nei meccanismi di schiavitù anche soggetti disabili. Il sistema principale di reclutamente e sottrazione alle famiglie avviene con false promesse o utilizzando come esca guadagni facili e attività lavorative proposte via internet.

Sono poi le organizzazioni criminali transnazionali a gestire tutte le fasi del processo verso l’Italia e l’Europa, dall’Africa, Cina, Albania, Russia, Ghana, Nigeria, Vietnam, Brasile. Lo spiega anche un report della Commissione bicamerale della XVII legislatura che si è basato sugli accertamenti e le analisi delle Procure distrettuali antimafia.

Le indagine giudiziarie e gli studi di settore indicano nelle organizzazioni criminali transnazionali straniere e comunitarie di matrice nigeriana, albanese, rumena, maghrebina, cinese, dell’ex-Urss e bulgara le principali entità in grado di stabilire accordi con le mafie locali, al fine di superare barriere nazionali e regionali e portare a termine il proprio trasporto. Con il fine cardine dello struttamento sessuale che resta la stella polare di ogni azione, meta in cui gli europei sono parte attiva in quanto “consumatori” del “prodotto sessuale”.

Nelle ultime ora il dipartimento per le pari opportunità presso la presidenza del Consiglio dei ministri ha approvato un bando per il finanziamento dei progetti a favore delle vittime, mettendo a gara 23,9 milioni di euro. Le domande per ricevere risorse destinate a progetti di intervento, protezione ed assistenza, dovranno arrivare alla presidenza del Consiglio dei ministri entro l’11 febbraio 2019, avranno durata di 15 mesi, dovranno essere avviati il 1° marzo 2019 e con una copertura anche pari al 100% delle spese ammissibili (se però si utilizzano propri capitali il punteggio di valutazione sarà più alto).

I progetti finanziabili riguardano però una genericità di popolazioni che si ritiene a “rischio sfruttamento”, con il pericolo che gli interventi ricadano sulla generalità degli immigrati, senza ulteriori indagine, senza cioè entrare nel cuore del problema della “tratta” e dello sfruttamento sessuale con interventi mirati a tappeto sui territori, in grado di contrastare il fenomeno alla radice.

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