Barbarie dei Rom: trappole mortali per i purosangue, due cavalli uccisi

cavallo

 

Fili da pesca tesi da una parte all’altra delle piste d’allenamento per far inciampare i cavalli al galoppo, buche scavate durante la notte, pali metallici, chiodi e bulloni sepolti tra l’erba inglese, cani sguinzagliati alle calcagna dei purosangue e partite di calcetto improvvisate dove i fantini sfrecciano in sella a quasi settanta chilometri orari. Risultato? Incidenti in cui i fantini rischiano la vita, cavalli da decine di migliaia di euro azzoppati, e quindi destinati nella migliore delle ipotesi a dire addio alle corse, altri morti a causa delle ferite riportate.

A raccontare i pessimi «rapporti di vicinato» tra il campo nomadi della Barbuta, l’insediamento quello tollerato proprio lì accanto e l’ippodromo Capannelle (problema di cui Il Tempo si è già occupato la settimana scorsa) sono gli allenatori dei cavalli, esasperati dai dispetti quotidiani subiti dai rom.

Tante le denunce presentate all’autorità giudiziaria e agli uffici competenti, che fino ad oggi se ne sono lavati le mani. «Lavorare è sempre più difficile – racconta Giorgio, che su quelle piste a ridosso dell’aeroporto di Ciampino ci passa gran parte delle sue giornate -.

Ogni mattina, prima di uscire in pista, dobbiamo fare un giro di ricognizione insieme alla guardia giurata per verificare lo stato del terreno e delle recinzioni. Spesso però notare le trappole è difficile, almeno ad occhio nudo, e capita che i purosangue rimangano vittime di steccati spezzati o di buche create ad arte». L’ultimo gravissimo incidente risale a poco più di un mese fa: «Il 15 maggio scorso sono stato disarcionato dal cavallo inciampato su un dislivello della pista – conferma Luigi, storico allenatore di Capannelle -. Lo splendido esemplare sul quale ero in sella si è spezzato l’osso del collo ed è morto sul colpo. Quanto a me sono finito a terra circondato dai cani del vicino campo nomadi pronti ad azzannarmi. Al momento stiamo aspettando l’esito dell’autopsia per sporgere denuncia, ma fatti di questo tipo sono ormai troppo frequenti».

Due anni fa, nella stessa pista, un altro cavallo morì in circostanze ancora più violente, infilzato all’ultimo palo superstite di una recinzione in legno spezzata dai vicini della Barbuta in cerca di materiale da ardere. «Le reti metalliche per dividere i campi dall’ippodromo le tagliano per rivendersele, gli steccati li fanno a pezzi per costruire pollai o alimentare i costanti falò usati per incenerire montagne di rifiuti – spiega una allenatrice -. Chiediamo tutela, attenzione. Se non per noi, almeno per i cavalli vittime di sorprese pericolose»  […]

Silvia Mancinelli  – IL TEMPO

 

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