“Avvenire” e la “finanza cattolica”

di Danilo Quinto

Lo sport preferito del potere italiano sembra essere quello di auto-incensarsi e – così – di auto-legittimarsi. Gli esempi sono innumerevoli. Lo fa il Presidente del Governo attuale, che invece di riconoscere – come il buon senso vorrebbe – il suo fallimento, in tutti gli ambiti del suo operato, si auto-elogia, con la complicità dei mezzi d’informazione, schierati quasi tutti a sua difesa, che fanno credere all’opinione pubblica di trovarsi di fronte ad un fenomeno. Lo fa il M5S, che ha dimostrato la sua totale incapacità di governare e la sua inconsistenza politica, volta ad accreditare un’immagine menzognera di una società civile migliore di quella politica, ma nonostante questo trova il modo di affermare – in una pubblica manifestazione di piazza – la sua vocazione riformatrice, indispensabile per questa “democrazia” . Basta chiedere ai dittadini romani che cosa ne pensano.

Sembra farlo – oggi – il presidente ultra-quindicennale della più importante Compagnia assicurativa italiana, Cattolica, con una lunga intervista al giornale dei Vescovi, “Avvenire”, che fa da pendant ad un articolo in cui si ricorda la figura di Don Adriano Vincenzi, scomparso nei giorni scorsi, per molti anni consulente ecclesiastico nazionale di Confcooperative.

La Compagnia si riunirà in Assemblea Straordinaria il 7 marzo, per decidere su una proposta di modifica dello Statuto presentata da un gruppo di soci di minoranza, che hanno proposto un “decalogo” di 10 regole, chiamate di Buon Governo: consolidare la vocazione cooperativistica della Compagnia; affermare la sua “appartenenza” al territorio di Verona; introdurre la limitazione del numero dei mandati e un limite di età per i membri del Consiglio di Amministrazione, per favorire un necessario ricambio generazionale; ridurre i compensi degli incarichi dei membri del CdA; assegnare un ruolo solo di garanzia per il presidente; espandere i poteri dell’Assemblea, chiamata ad eleggere direttamente presidente e vice-presidente e a stabilire l’entità dei compensi; rafforzare la presenza della minoranza e delle donne negli organi di governo; affermare i requisiti di indipendenza e professionalità, per un migliore assetto del CdA. Regole che hanno come obiettivo, nel loro insieme – come si intuisce bene – la necessità di allineare la Compagnia ai migliori modelli di governance, per renderla più solida la sua azione di fronte ad un mercato e ad un’economia che mutano.

La preoccupazione del presidente di Cattolica e di chi lo intervista non sembra quella di confrontarsi con la corposa proposta fatta dalla minoranza, che sarà illustrata nel dettaglio in un importante convegno che si terrà a Verona nella serata del 19 febbraio a Palazzo della Gran Guardia. Non c’è alcun cenno a quest’aspetto, decisivo per la vita della Compagnia e il tacere insinua il dubbio che si voglia deliberatamente consumare uno “scontro” in seno all’Assemblea, che potrebbe avere ripercussioni negative e strascichi ulteriori. Buona parte delle domande e delle risposte, infatti, è dedicata alla rivendicazione del ruolo cooperativistico della Compagnia – che non è mai stato messo in discussione da nessuno dei soci – e ai risultati raggiunti, prescindendo dal fatto obiettivo che quelli degli ultimi anni sono dovuti al piano triennale varato da Alberto Minali, che ha raggiunto obiettivi strepitosi e che ora viene gestito da chi ne ha preso le veci dopo la sua estromissione dello scorso 31 ottobre.

Nell’intervista c’è anche un elemento che mai era venuto fuori con tanta chiarezza. Si riferisce al colloquio che il presidente e l’attuale direttore generale hanno avuto, nel mese di novembre, dopo l’estromissione di Minali, con i rappresentanti della Bershire Hathaway di Warren Buffet, che diventò socio e prima azionista dell’azienda – con il 10% delle azioni – proprio dopo la nomina di Minali, a testimonianza della credibilità e professsionalità di cui gode a livelli internazionale questo grande top manager. Warren Buffet, infatti – si legge in Wikipedia – è considerato il più grande value investor di sempre. Nel 2008, secondo la rivista “Forbes”, è stato l’uomo più ricco del mondo, mentre nel 2015, con un patrimonio stimato di 90,5 miliardi di dollari, sarebbe it.wikipedia.org/wiki/Persone_pi%C3%B…, dopo Bill Gates e Jeff Bezos. Inoltre, stimano sia il quarantesimo uomo più ricco di tutti i tempi. Buffett è chiamato “l’oracolo di Omaha” oppure “il mago di Omaha”, per la sua sorprendente abilità negli investimenti finanziari e nel predire guadagni ed eventuali, seppur limitate, perdite. Nel 2017 risulta essere it.wikipedia.org/wiki/Persone_pi%C3%B… con un patrimonio di 75.6 miliardi di dollari. Tra i personaggi più significativi della storia della finanza, viene presentato nei suoi interventi con la formula “Ladies and Gentlemen, the legendary investor Warren Buffett”.

Ebbene, nell’intervista il presidente di Cattolica afferma: “Abbiamo incontrato Ajit Jain, che per Buffet segue le attività assicurative. Era importante vederci, come abbiamo fatto con altri azionisti rilevanti, perchè volevano capire che cos’era successo e se c’era continuità di strategia. Gli abbiamo spiegato quello che abbiamo anche già detto pubblicamente, cioè che con l’Ad era venuta meno la fiducia, ma non c’erano divergenze sul piano. Quello che più conta, per loro, è il nostro impegno a proseguire lungo la linea del piano industriale. Li abbiamo rassicurati: il piano è quello e siamo determinati a realizzarlo. I loro obiettivi non sono diversi dai nostri: vogliamo tutti che la compagnia abbia una crescita sana, faccia utili, distribuisca dividenti”.

Non c’è alcun dubbio che gli obiettivi che si propone il presidente siano quelli che più stanno a cuore ai finanzieri. A tutti i finanzieri. Ci mancherebbe. Ma qui parliamo di “finanza cattolica” e di “finanzieri cattolici”, che non per nulla vengono intervistati su sei colonne da “Avvenire”. I soci di cattolica, compreso il presidente, sono accomunati, al momento della loro adesione, dall’impegno di aderire alla Dottrina Sociale della Chiesa. I princìpi di questa Dottrina, che deriva dalla Vita di Gesù e dalla Sua Parola, dalla Tradizione, dalla Scrittura e dal Magistero, vengono prima di qualsiasi crescita economica, di qualsiasi utile e di qualsiasi dividendo.

Se con Alberto Minali era “venuta meno la fiducia”, perchè non è stato detto oltre cinque mesi fa, all’epoca del suo defenestramento? Perchè si è continuato a dire, fino ad oggi, che si trattava di “divergenze di visioni”? In che cosa era venuta meno la fiducia?

Sono domande ineludibili, rispetto alle quali i 18.000 soci di Cattolica Assicurazioni, ma anche i suoi 3.600.000 clienti, hanno diritto ad avere una risposta. Così come ha diritto ad avere una risposta – e soprattutto una replica di pari rilevanza su “Avvenire” – l’amminìstratore delegato defenestrato per “divergenza di visioni”, così com’è stato detto da oltre cinque mesi a questa parte, senza mai chiarire in che cosa consistesse questa “divergenza”. Minali, fino ad ora, è rimasto membro del CdA della Compagnia e in questo ruolo resterà, ne siamo certi, fino a quando non sarà fatta chiarezza su tutta la vicenda e non sarà reso onore alla sua identità e alla sua professionalità.

Da ultimo, osserviamo che solo in un Paese come l’Italia – abituata ad essere “spugna” e “muro di gomma” di tutto quello che accade in tutti gli ambiti della vita sociale e civile – si registra il totale disinteresse del ceto politico e di quello parlamentare sulla questione “Cattolica”, così come si è dipanata in questi mesi. Se non andiamo errati, non c’è stata una sola presa di posizione politica, tanto meno è stata presentata un’interrogazione parlamentare, anche tenendo conto dell’intervento in atto degli organi di controllo, l’Ivass e la Consob. La questione non è localistica, ma di rilevanza – politica ed economica – nazionale (e internazionale). Stiamo parlando, infatti, di una compagnia assicurativa che nei primi 9 mesi del 2019 ha raccolto 4,9 miliardi e prodotto un utile di 84 milioni (+16% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente). Grazie – paradosso dei paradossi – all’impegno e al piano industriale (confermato dalla nuova governance) di un amministratore che è stato estromesso.

Chiosa finale. L’auto-elogiarsi del potere – in questo come in altri casi – ha una spiegazione psicanalitica: convincere se stessi di avere ragione, sempre e comunque, nonostante l’evidenza dei fatti. Poi, quando meno te lo aspetti – ma può essere troppo tardi – può arrivare il tempo di ripensamenti o perfino di rimorsi. Le persone, quando vogliono e quando possono, capiscono. E votano! Qualche volta anche liberamente.

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