Accoglienza migranti: 4,2 miliardi di euro nel solo 2022

migranti Ong

C’è un dato su tutti: il 75% dei migranti accolti non ha diritto a restare, come riferiscono fonti del Viminale

di Bianca Leonardi – Il tormentone dell’estate non arriva da un palco musicale ma dalle aule parlamentari e dai salotti buoni dell’accoglienza a senso unico, dove la sinistra ha riacceso i megafoni per lanciare il suo nuovo grido di battaglia: lo scandalo economico del centro per i rimpatri di Gjader, in Albania. “Un costosissimo abbaglio”, lo definiscono, accusando il governo di sprecare fondi pubblici e svendere sovranità. Ma il vero salasso non sembrerebbe stare oltre-Adriatico, ma qui in Italia con radici profonde, ben piantate nel terreno delle politiche migratorie a trazione progressista che per anni hanno alimentato un sistema inefficiente, opaco, autoreferenziale.

Un modello opaco, inefficiente, autoreferenziale, costruito sotto l’ombrello dell’umanitarismo ideologico che svuota da anni le tasche dei cittadini italiani attraverso cooperative, enti e gestori amici della sinistra. C’è un dato su tutti: il 75% dei migranti accolti non ha diritto a restare, come riferiscono fonti del Viminale. Solo uno su quattro ottiene il riconoscimento della protezione internazionale. Gli altri restano nel sistema per anni, spesso ricorrendo contro le decisioni delle Commissioni territoriali, con un impatto economico colossale.

Partiamo dai numeri, quelli ufficiali. Secondo la relazione tecnica della Camera, al 15 agosto 2022 erano 95.893 i migranti presenti nei centri di accoglienza italiani. La spesa complessiva, stimata da Openpolis, è stata di 4,2 miliardi di euro nel solo 2022. Considerando un costo medio di 40,5 euro al giorno per ciascun migrante, si arriva a una spesa di circa 4 milioni di euro al giorno per sostenere il sistema dell’accoglienza diffusa.

Migranti

Oltre ai fondi girati a cooperative e consorzi, si sommano infatti le spese accessorie: 200-500 euro per migrante in procedure legali e amministrative, fino a 100 milioni annui, 500-1000 euro per l’assistenza sanitaria e cioè 60-120 milioni, fino a 7.000 euro a persona per corsi di lingua, formazione e scolarizzazione dei minori stranieri non accompagnati per un totale di 350 milioni nel 2022.

Eppure, nel mirino oggi c’è il Cpr di Gjader, il centro in Albania che ha un costo stimato di 32 milioni di euro in tre anni per accogliere fino a 3.000 migranti l’anno. Una cifra che impallidisce di fronte agli sprechi nostrani. Perché la stessa sinistra che oggi parla di “lager di Stato” ha finanziato e gestito un sistema Cpr nazionale che, dal 2018 al 2023, è costato quasi 93 milioni di euro.

Secondo la Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili (Cild), ben 43,9 milioni di euro sono stati spesi in tre anni per centri sovradimensionati e spesso semivuoti. Qualche esempio? A Roma, Ponte Galeria: 9 milioni per 250 posti, cioè 36.000 euro a migrante. A Torino: 7 milioni per 180 posti, 38.000 euro a testa. A San Gervasio, provincia di Bergamo, si arriva a 40.000 euro a ospite. Con circa 400 presenze l’anno si sono bruciati 14,5 milioni in dodici mesi.

E non lo denuncia “la destra cattiva”, ma proprio la Cild, parlando di “un fallimento sia in termini di diritti che di gestione economica”. Un doppio fallimento, insomma: il sistema non funziona e costa troppo. Ma chi lo dice rischia l’accusa di cinismo, come il direttore di un centro che ha parlato con Il Giornale, chiedendo l’anonimato: “Vogliamo continuare come dice la sinistra a seguire il modello dell’accoglienza diffusa?” spiega. “Non voglio strizzare l’occhio alla destra, ma una persona che ci mette un anno a dimostrare che non ha diritto a restare ha usufruito di fondi pubblici per due anni e mezzo. Non è sostenibile”.

Ecco perché il protocollo Italia-Albania, che oggi qualcuno definisce “spesa gravosa”, sembrerebbe in realtà un investimento strategico. Una risposta concreta, strutturata ed efficace per ridurre i costi dell’accoglienza e velocizzare i rimpatri.
Forse, più di ogni cosa, bisognerebbe chiedersi chi in questi anni ha giocato più sull’emergenza, trasformandola in un business senza regole facendo scempio dei soldi degli italiani, senza dare però risposte concrete né soluzioni reali. Alla fine, a pagare il conto sono sempre i cittadini.
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