Ceffoni, pugni e calci, episodi ripetuti di violenza fisica e psicologica su pazienti psichiatrici che non potevano difendersi, fino a doverne portare uno al pronto soccorso con le dita fratturate, “giustificando la cosa – spiegano gli inquirenti – in modo da mascherare la vera causa”.
E’ quello che avvenita nel reparto M6 del centro socio sanitario riabilitativo, l’ex manicomio, del centro di riabilitazione ‘Opera don Uva’ di Potenza. Sette persone, sei operatori e un animatore, sono finiti ai domiciliari, con l’accusa di maltrattamenti e violenza, mentre per altre otto – tra le quali il direttore del centro, Lino Mancusi Agatino – è scattato il divieto di dimora nella città di Potenza.
Quasi tutto il personale del reparto era coinvolto. “Solo alcune mosche bianche si comportavano correttamente”, ha spiegato il procuratore di Potenza Luigi Gay illustrando l’inchiesta condotta dai Nas. Nel reparto sono ricoverati 28 pazienti. Tra i particolari più agghiaccianti, quello che era proprio un paziente non vedente a subire le violenze più gravi. Nel reparto, sui letti tracce ovunque escrementi, sangue e ruggine e pazienti legati mani e piedi con le lenzuola alla spalliera del letto. E ancora, gli operatori sistematicamente cambiavano i pannoloni senza lavare le persone, mancavano persino i bagni adeguati per disabili, mentre diversi letti erano costituiti da una sorta di gabbia in metallo.
Una indagine iniziata a ottobre 2015, sulla base della denuncia di una parente di un’ex paziente. Per tre mesi le telecamere dei carabinieri hanno ripreso le violenze nella struttura. Una denuncia anonima era arrivata prima di ottobre 2015 – forse da uno degli operatori onesti – ma la procura non aveva potuto procedere proprio perché era anonima.
Però “da intercettazioni si evince che la situazione era nota e ci chiediamo se questa vicenda non poteva emergere prima”, ha spiegato Gay. (LA PRESSE)