Servono grandi uomini contro questo esercito di ragionieri di Palazzo

Tito Manlio Torquato

(da Conflitti e Strategie) – È proprio vero che la decadenza produce uomini di bassissimo valore e l’Italia, sull’orlo dell’abisso, è totalmente preda di miseri quaquaraqua che si contendono le sue disjecta membra come sciacalli bavosi su un corpo inerme.

Le scene parlamentari di questi ultimi tempi non lasciano adito a dubbi. La vicenda del M.E.S., in cui maggioranza e opposizione si lanciano reciproche accuse ne è l’ennesima prova. Ovviamente, Conte, premier per volontà quirinalizia, era infido ai tempi del gialloverde e lo è anche più scopertamente adesso che tutto si è colorato di viola vergogna. Lui è di sicuro un primo ministro filo-eu ma lo era ugualmente quando Salvini lo accettò quale trait d’union tra Lega e 5S per formare il governo sedicente populista-sovranista. Dopo un po’ già capimmo che si trattava di compagine pavida, che si faceva imporre da Bruxelles di non sforare i parametri di Maastricht, i quali furono persino abbassati a maggior tutela dei signori Franco-tedeschi. Ora è veramente difficile da credere che tutta la nostra libertà si giochi su un meccanismo di stabilità che semmai segnala, ancora una volta, lo sbilanciamento dei rapporti di forza (nel nostro caso di debolezza) a favore degli “imperi” centrali, i quali ammantano di mutua salvezza interessi economici specifici ai quali siamo chiamati a contribuire perennemente sotto schiaffo.

Ma questa eccessiva visione economicistica dei problemi internazionali comincia davvero a diventare stucchevole. Sul serio si pensa che sia il M.E.S. l’arma ferale della nostra sottomissione all’Ue? Un minimo di serietà imporrebbe una riflessione più vasta e sincera. C’è la crisi, sicuramente, ma è in primo luogo crisi di potenza dalla quale discende tutto il resto.

Quest’epoca, se si vuole la salvezza dello Stato, dovrebbe diventare per noi di estremo esercizio della forza e di vocazione politica, per eliminare le quinte colonne interne che tramano in combutta con gli stranieri. Ho recentemente letto un interessante testo su Machiavelli di Michele Ciliberto. Vi è in esso una parte che sembra adattarsi alla perfezione alla nostra stagione buia, perché, in verità, ciò che ci occorrerebbe è : “un «remedio» eccezionale, extra ordinem. Pensare di farlo per vie ordinarie significherebbe non aver capito a che punto è arrivata la crisi…Le crisi… sono fatti normali, fanno parte della vicenda di qualunque corpo.
Si superano con accorte terapie.

Ma i momenti critici sono un’altra cosa; essi si manifestano quando uno Stato, una repubblica è prossima alla fine. In questo caso servono medicine straordinarie: in Machiavelli, la politica, la grande politica – quella connessa alla nascita o alla morte degli Stati – si situa sempre al confine tra la vita e la morte. Ci vogliono dunque farmaci forti – «eccessivi» – per curare il corpo dello Stato, quando esso si avvia alla fine per il venir meno dell’energia vitale. Se si trovano – e nel trovarli sta la grandezza del vero politico – la crisi può essere rovesciata nel suo contrario: può diventare cioè un elemento di rafforzamento e di salute dello Stato. La virtù «eccessiva» non è però di tutti: è propria del grande politico o del grande capo militare – Annibale o Pirro o Manlio Torquato, per fare qualche nome. «Capi» che spingono la «coda», cioè i loro seguaci, a conseguire obiettivi eccezionali, anche a prezzo della vita, motivandoli con la loro forza e il loro esempio come nessun altro sarebbe capace di fare. È questa la funzione delle grandi personalità nella storia, che Machiavelli ammira e valorizza al massimo”.

È esattamente quello che ci manca in questa situazione palesemente eccezionale in cui si ridefiniscono i legami geopolitici. I grandi uomini, quelli con visioni politiche assolute e coraggiose farebbero al caso nostro e non questo esercito di ragionieri di palazzo il quale disputa sui punti decimali e sul mantenimento della cadrega. Conte e chi gli sta intorno rappresentano l’ennesima disfatta dell’Italia ma non nutro alcuna fiducia in chi lo affronta con le calcolatrici anziché coi bastoni della lotta politica.

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