Karol Wojtyla, “non è il mio santo”

27 apr – Karol Wojtyla, “non è il mio santo”. ImolaOggi.it si associa alle osservazioni del New York Times sulla canonizzazione di Karol Wojtyla . Duro attacco sul New York Times: Wojtyla “non può essere fatto santo”

corano

Le osservazioni di Maureen Dowd, editorialista del NYT sono corrette e puntuali. Ha ragione da vendere quando scrive che Giovanni Paolo II “sarà anche una figura rivoluzionaria nella storia della Chiesa, ma in quanto l’uomo che ha chiuso gli occhi davanti a una crisi morale, non può essere descritto come santo”.

“Una delle grandi crisi morali è soprattutto quella della pedofilia. Ed è una vergogna fare santo chi ha dato asilo in Vaticano al pretofilo Cardinale Bernard Law, orrendo facilitatore di abusi sessuali arcivescovo di Boston”. Altro peccato imperdonabile, l’ostinata difesa di un altro pretofilo messicano Marcial Maciel Degollado, pedofilo, donnaiolo, truffatore e tossicodipendente”. Ed infine, cosa che il NYT non rileva, un fatto inspiegabile e a nostro avviso molto grave: il bacio del corano da parte di Karol Wojtyla…Cui prodest?

Ma non è tutto

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VISTO MAI UN PAPA COLONIALISTA? ECCOLO QUA: WOJTYLA

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Quando gli statunitensi stavano preparando l’attacco all’Iraq iniziato poi il 20 marzo 2003, essi non cessavano però mai di considerare l’opzione più pregiata, quella col rapporto costi/benefici più basso : l’abbandono del potere da parte di Saddam Hussein, il suo esilio volontario. Infatti ciò sarebbe equivalso a prendere l’Iraq senza colpo ferire visto che lo smarrimento in cui sarebbe precipitata la dirigenza irachena, costruita sugli equilibri tribali trovati da Saddam, avrebbe reso un gioco da ragazzi per gli USA sovvertire il Paese con metodi “ liberi “ e “ democratici “, e cioè installarvi un governo “ amico “ tramite il solito
armamentario di corruzioni, infiltrazioni, propaganda, diffusioni di voci e notizie false, agganci con la malavita locale, perturbazioni dell’economia, false simbiosi religiose e umanitarie, brogli elettorali e così via e, naturalmente, un po’ di strategia della tensione con qualche bomba e qualche omicidio politico qua e là, dove serve, addossando la responsabilità ai nemici.

Bene, sin dal momento della sua elezione nel 1978 il papa Giovanni Paolo II ha sempre appoggiato nei fatti la politica estera statunitense, e anche questa volta non ha mancato di presentarsi alla corte USA a offrire i suoi servigi, a mettersi a disposizione per fare volentieri quel che poteva secondo il suo ruolo di capo della Santa Sede. Difatti, dichiarando a parole la sua contrarietà a un attacco statunitense all’Iraq e invocando coram mundi tramite la televisione tutti i Santi perché l’eventualità fosse scongiurata, Wojtyla inviava in Iraq nel febbraio 2003 un suo inviato speciale, il cardinale Etchegaray, con lo scopo – a parole – di trovare una qualche e qualunque soluzione al contenzioso ma in realtà con lo scopo – nei fatti – di indurre Saddam ad andare in esilio, magari prospettandogli una sistemazione a vita in Città del Vaticano

Il portavoce vaticano Navarro Vals in data 12 marzo 2003 ha smentito ufficialmente questa strategia, da me subito denunciata e dopo qualche giorno ripresa dalla stampa inglese ed araba, ma era chiaramente una smentita pro forma : solo qualche giorno
dopo, partecipando alla trasmissione televisiva “Porta a porta “, il cardinale Pio Laghi in pratica ammetteva l’obiettivo del Papa di allontanare Saddam.

Come sappiamo tutti Saddam non se ne è andato e gli USA hanno attaccato l’Iraq e lo hanno conquistato. Ma anche in questa situazione essi hanno una opzione preferenziale : vorrebbero che fosse la “ comunità internazionale “, e cioè in questo caso l’ONU e l’Unione Europea, a ricostruire il Paese.
Esatto, avete capito bene : sono gli USA ad aver mosso guerra all’Iraq senza alcuna giustificazione legale ; sono loro – oltre ad aver causato migliaia di morti e di mutilati anche civili – ad averlo distrutto facendo saltare gli acquedotti, i magazzini, gli opifici, gli aeroporti, le strade, i ponti, le centrali elettriche, i palazzi governativi e sociali, e innumerevoli edifici civili compresi un buon numero di ospedali ; sono loro ad averlo inquinato coi proiettili all’uranio impoverito ed ad averlo disseminato di cluster bombs ; sono loro ad aver programmato il saccheggio del celebre ed inestimabile museo archeologico di Bagdad, i cui pezzi più pregiati sono già negli scantinati dei musei statali statunitensi ; sono loro ad aver occupato tutti i pozzi petroliferi dell’Iraq dichiarandoli loro esclusiva proprietà, nel mentre che si accingono a fare lo stesso con le famose piantagioni di palme da datteri del paese ; sono loro ad arrogarsi come unica autorità politica, amministrativa e militare del paese, in pratica dichiarando l’Iraq come una loro propria colonia, un overseas territory come Portorico o Guam : sono loro ad aver fatto tutto questo e dopo vogliono che a pagare i danni siano gli altri, l’ONU e l’UE !

Bene, per quanto incredibile, sfrontata, beffarda e anche offensiva sia questa pretesa, davvero una pretesa da banditi spudorati, essa non è ancora abbastanza spregevole per Wojtyla, che ha nuovamente teso la mano all’alleato statunitense. L’ha fatto davanti a tutto il mondo, inserendo le sue perfide esortazioni nell’omelia pronunciata dal sagrato di San Pietro nel giorno della Pasqua  del 20 aprile 2003 : “Con il sostegno della comunità internazionale – ha detto testualmente – gli iracheni diventino protagonisti di una solidale ricostruzione del loro paese “.

Proprio così ha detto ! E cioè che a pagare per i danni fatti dagli USA all’Iraq, USA che si sono anche presi tutto il paese, devono essere gli iracheni stessi e la “ comunità internazionale “ ! In pratica per Wojtyla – bontà sua ! – sarà sufficiente che gli USA rinuncino almeno a una quota del petrolio pompato, e giusto per i primi mesi, mentre il resto dovrà essere messo tutto da ONU e UE !

E, si badi, nessun invito agli USA a sgomberare il paese, nessun invito a restituire a venti milioni di iracheni il loro paese e la loro libertà, nessun rammento agli USA che l’epoca del colonialismo è e deve essere finita. Lo nota anche il cronista che seguì il discorso papale ( Fabio Negro, Resto del Carlino del 22 aprile 2003 ) : “ Non sembra però che il papa chieda esplicitamente il ritiro delle forze d’occupazione anglo-americane o la loro sostituzione con i fragili contingenti delle Nazioni Unite “.

Certo che non lo chiede, e non certo perché i contingenti dell’ONU sono “ fragili “ : non solo Wojtyla ha appoggiato sin dall’inizio l’attacco bellico contro l’Iraq, ma anche – dobbiamo dire, se non crediamo alle coincidenze troppo improbabili – nel mentre che a parole invocava la Vergine contro la guerra imminente, nei fatti si adoperava, oltre che per favorire l’esilio di Saddam come abbiamo visto, anche per inserire la sua Polonia nel ristretto numero delle potenze attaccanti, facendole ottenere il massimo vantaggio col minimo sforzo : è infatti oramai – e per forza – diventato di dominio pubblico, dopo che nei primi giorni specie qua in Italia si è cercato di passarlo sotto silenzio, il fatto che assieme agli USA e ai loro accoliti anglosassoni Gran Bretagna e Australia, a partecipare sul campo all’aggressione contro l’Iraq c’era anche una quarta Potenza, che guarda caso era proprio la Polonia, la Polonia di papa Wojtyla.

E difatti gli USA hanno annunciato l’intenzione di dividere l’Iraq in quattro zone d’occupazione, amministrate ognuna da una delle quattro Potenze che hanno partecipato all’invasione : alla Polonia sarà assegnata la parte settentrionale, la parte di Kirkuk, dove c’è il petrolio del Kurdistan iracheno. Un affare enorme per la Polonia : inviando solo 200 uomini, dei quali solo 40 o 80 combattenti sul terreno ( membri di forze speciali ), ha ottenuto una colonia piena di petrolio e grande come l’Italia settentrionale, circa lo stesso ottenuto dall’Australia, che ha inviato 2.000 uomini, per non parlare della Gran Bretagna e naturalmente degli USA, che comunque mantengono l’alta proprietà sul tutto.

Quello era dunque, nello specifico e cioè oltre alla solita collaborazione strategica con gli USA, il prezzo dell’appoggio della Santa Sede alla scellerata impresa.
Certo, è tutta farina del diavolo, destinata ad andare prima o poi in crusca per la rovina di tutti i beneficiari di adesso, della Polonia, della Chiesa Cattolica di Roma, della Gran Bretagna, degli USA eccetera. Ma intanto chi ha a cuore la giustizia geme nel vedere la leadership religiosa e quindi morale dell’Occidente nelle mani di un simile personaggio, che calpesta e irride i sentimenti e i diritti dell’umanità credendo di avere a che fare con gente ingenua, che basta fargli un segno di croce davanti e dirgli due parole melliflue per farla tornare a casa contenta.
Leggendo la storia dei papi probabilmente nessuno di noi ha mai pensato che avrebbero potuto ripresentarsi personaggi come Stefano II, come Giovanni XII, come Alessandro VI, come Giulio II, come qualche altro.
E invece eccolo qua, è arrivato Giovanni Paolo II, un Papa colonialista.

John Kleeves – 16/05/2003

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2 thoughts on “Karol Wojtyla, “non è il mio santo”

  1. Wojtyla appoggiava la politica USA perche’, essendo polacco, (a torto o a ragione) odiava i Russi. Il problema e’ che un Papa non dovrebbe essere cosi’ nazionalista.

  2. e perche’ non l’hanno detto prima a chiare lettere? e’ diverso tempo che si sa che sarebbe stato fatto santo!!!!! magie della comunicazione? buona sera a tutti!

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