Asilo del terrore: “dalla maestra violenze e umiliazioni sui bimbi”

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26 giu. – “Ha praticato un metodo, a suo dire didattico-educativo, fondato su atti di violenza punitiva che faceva eseguire agli stessi bambini piu’ grandi nei confronti dei piu’ piccoli, nonche’ sull’insulto e sull’umiliazione dei fanciulli dinanzi alla classe, metodo in alcun modo giustificabile e perfettamente declinabile nel paradigma dei maltrattamenti”. Ecco perche’ la maestra Franca Mattei, della sezione F della scuola d’infanzia San Romano, al Portonaccio, non puo’ lasciare gli arresti domiciliari.

Lo sottolinea, nelle motivazioni, il tribunale del riesame che, nel confermare l’ordinanza del gip del 14 maggio, parla di “quadro drammatico della vicenda”. Stesso discorso vale anche per la direttrice Maria Rosaria Citti, anche lei ai domiciliari per aver “omesso qualsiasi accertamento su quanto stava accadendo nella classe, con ripetuti tentativi volti a sviare la grave questione mediante atteggiamenti non consoni alla qualita’ rivestita, come quelli, del tutto pretestuosi, di pretendere accuse per iscritto dalle insegnanti, di additare il comportamento ‘untorio’ di una bidella, o di spostare le insegnanti o intimidirle”. Dunque, restano confermati i gravi indizi di colpevolezza a carico delle due donne, come evidenziati in udienza dal pm Eugenio Albamonte orientato a chiedere, entro breve, il giudizio immediato.

“Da tutte le fonti indiziarie (oltre alle video riprese effettuate nella classe dalla polizia giudiziaria, ci sono le dichiarazioni accusatorie rese da due insegnanti di sostegno, da due maestre di ruolo e da due bidelle e i racconti dei genitori di alcuni bambini, ndr) emerge un quadro drammatico della vicenda – scrive il tribunale – che vede protagonisti i metodi violenti e sbrigativi della Mattei e il comportamento omissivo della Citti costantemente orientato nel tempo a sminuire le responsabilita’ dell’insegnante, nonostante le ripetute denunce degli altri docenti”.

Per il collegio del riesame, presieduto da Luca Della Casa, “e’ emerso anche come le piccole vittime, subendo passivamente il metodo della Mattei, avevano sviluppato nel tempo una sorte di terrore nei confronti dell’insegnante, fino a proteggersi preventivamente nel momento in cui percepivano l’imminente atto aggressivo della docente, a sviluppare in altri ambiti comportamenti imitativi, a rifiutarsi a loro modo di entrare in classe”. La Citti, dal canto suo, con il suo comportamento omissivo, “ha consentito che gli effetti pregiudizievoli di un malinteso metodo educativo si ripercuotessero sullo sviluppo delicato dei fanciulli affidati alla sua vigilanza, senza mai avere le capacita’ per affrontare direttamente il problema”.

Affrontando il tema del pericolo di inquinamento probatorio e di reiterazione delle condotte dello stesso tipo, il tribunale spiega che “per la Mattei, benche’ sospesa e in aspettativa di pensionamento, sussiste la necessita’ attuale di impedire ogni contatto con la scuola, per ragioni legate a possibilita’ di ritorsioni, intimidazioni, inquinamento probatorio e reiterazione delle condotte dato che l’unico metodo educativo che era in grado di attuare era quello che e’ emerso dall’attivita’ di indagine”.

Quanto alla Citti, preso atto “dei tentativi di manipolare le persone che avevano sentito il dovere il riferire sul comportamento dell’insegnante”, per un lungo arco di tempo “ha tentato di negare i fatti ricorrendo ad inaccettabili atteggiamenti dissuasivi che inducono a pensare che per la sua reputazione e futuro professionale per il danno arrecato all’immagine della scuola pubblica, possa anche nel prosieguo delle indagini e in vista del processo attivare un’opera di inquinamento probatorio anche per l’inscindibile rapporto di lavoro che lega i docenti testimoni alla scuola”. (AGI) .

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