Verso la risoluzione per la messa al bando universale delle MGF

Lo scorso 13 settembre si sono aperti i lavori della 66ª sessione ordinaria dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Momento cruciale dal punto di vista politico, delle interlocuzioni fra i rappresentanti dei vari dstati, ai fini dell’acquisizione del risultato della campagna di “Non c’è Pace Senza Giustizia” per la messa al bando delle mutilazioni genitali femminili.

Le possibilità di riuscita sono più d’una e grazie ad un intenso lavoro di Non c’è Pace Senza Giustizia e la Coalizione BanFGM con il quale lavoriamo, che ha coinvolto ministri, parlamentari e attiviste anti-MGF, e ha avuto come risultato l’adozione il 1 luglio 2011 di una Dichiarazione dei Capi di Stato africani riunitisi al Vertice dell’Unione Africana a Malabo, Guinea Equatoriale, che impegna gli Stati africani a presentare a questa Assemblea Generale un testo di Risoluzione per la messa al bando della pratica, e a compiere tutti i passi necessari affinché il documento sia messo all’ordine del giorno e adottato in plenaria.

Un’assunzione di responsabilità di questa portata non può che avere effetti positivi sulle complesse dinamiche onusiane, dove molto spesso le sensibilità di singoli Stati o gruppi regionali rappresentano ostacoli difficili da superare per poter trovare una posizione comune anche su questioni che pure godono di un consenso condiviso. Questo è tanto più vero quando la posta in gioco afferisce alla sfera della protezione e promozione dei diritti umani, questione ancora delicata per molti Paesi.

A riprova della leadership che i paesi africani stanno assumendo rispetto alla messa al bando delle MGF, il 15 settembre scorso, i Rappresentanti Permanenti del Gruppo Africano presso le Nazioni Unite hanno ospitato attivisti della Coalizione BanFGM per una presentazione del problema, e molti di loro hanno in seguito riaffermato il loro impegno a dare seguito alla decisione dell’Unione Africana di far adottare la Risoluzione a questa Assemblea Generale. Si tratta ora di capire quale sarà, dal punto di vista delle procedure, la strada che il Gruppo Africano sceglierà di perseguire: se far passare la Risoluzione dal 3° Comitato, che è quello che si occupa di questioni legate ai diritti umani, per poi metterla ai voti in plenaria a dicembre, o se presentarla direttamente in Assemblea Generale a gennaio o febbraio 2012. Molti Stati sono orientati alla prima soluzione, che è quella che noi stes si riteniamo la più efficace, e stanno lavorando a livello diplomatico per creare le condizioni di consenso necessarie a compiere il passo.

Consolidare e rafforzare, dunque, i paesi del Gruppo Africano che hanno elaborato una posizione comune a sostegno della presentazione e adozione della Risoluzione alla 66ª Assemblea Generale dell’ONU continua a essere una priorità delle nostre attività, condotte anche grazie al ruolo cardine svolto dall’Italia negli ultimi anni nella lotta contro le MGF non solo alle Nazioni Unite a New York ma anche e soprattutto nelle capitali africane, dove il Comitato Inter-Africano contro le Pratiche Tradizionali e le altre organizzazioni con cui Non c’è Pace Senza Giustizia ha lavorato nel corso dell’ultimo decennio, sono in piena mobilitazione perché i propri Ministri degli Esteri continuino ad esprimere senza esitazioni il sostegno alla Risoluzione, in coordinamento con le rispettive Rappresentanze Permanenti presso l’ONU e guidata dalla Rappresentanza Permanente dell’Unione Africana.

Compito di Non c’è Pace Senza Giustizia in questa fase è accompagnare questo complesso processo fornendo assistenza a tutti i livelli e intervenendo ad hoc laddove richiesto, attraverso la preparazione di documenti a sostegno del lavoro svolto nel corso dell’ultimo decennio sul tema delle MGF, contribuendo a massimizzare l’impatto del lavoro portato avanti dai nostri partners
dentro e fuori il palazzo di vetro, e continuando a raccogliere firme di cittadini di ogni parte del mondo a sostegno dell’appello internazionale per la messa al bando delle MGF (Mutilazioni Genitali Femminili), in modo che sia palese la volontà della comunità internazionale di mettere fine
a questa pratica una volta per tutte.

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