Migranti, Generazione identitaria: “Come abbiamo fermato l’invasione”

Quella striscia di mar Mediterraneo che si trova tra le acque territoriali libiche e quelle internazionali era fino a qualche giorno fa più affollata di imbarcazioni di quanto non lo sia il porto di Saint-Tropez in pieno agosto. Le navi delle ong stavano lì parate, pronte a caricare dai gommoni straripanti gli immigrati che dai loro Paesi d’origine avevano raggiunto le spiagge ed i porti libici per arrivare in Europa, aggirando qualsiasi controllo, qualsiasi regola, ogni legge, e godendo, una volta sbarcati, dei benefici previsti dalle nostre politiche di accoglienza, le stesse che hanno dato vita a questa catena di montaggio disumana: dopo qualche piatto di pasta asciutta con la scatoletta di tonno, alleggerita la coscienza collettiva, i clandestini vengono gettati in strada, lasciati allo sbaraglio, per fare posto agli ultimi giunti.

Ma oggi non è più così. Almeno per ora. Il numero di navi delle ong è diminuito in modo evidente. E, di pari passo, anche il numero di immigrati che tentano la fortuna salendo sui gommoni trainati dagli scafisti con la certezza che i soccorritori li attendano a poche miglia di distanza dalla terraferma. È un’equazione matematica: la scorsa estate più ong hanno prodotto più immigrati; questo agosto è il contrario.

«Il merito è anche nostro. Il nostro obiettivo fondamentale era quello di catalizzare l’attenzione collettiva sull’immigrazione clandestina e sull’operato delle ong che, da un lato, rifiutavano in modo categorico di collaborare con il governo italiano e, dall’altro, agevolavano i trafficanti di esseri umani, i quali abbandonavano i gommoni alla deriva ancora in acque territoriali libiche, eludendo il rischio di essere arrestati una volta varcato il confine delle acque internazionali», dice Gianmarco Concas, ex ufficiale di marina e responsabile tecnico a bordo della nave C-Star, noleggiata dal movimento Generazione Identitaria per documentare ciò che avviene in quell’area del Mediteranno che fino a pochi giorni fa era zona franca.

Concas ritiene che la presenza della C-Star, che permane ancora in mare, abbia costituito deterrente per gli scafisti e le ong. «L’ondata di adesione e di partecipazione alla nostra iniziativa è stata tale che le istituzioni si sono accodate. C’era già un’insostenibilità latente, noi siamo stati la scintilla che ha innescato questo cambiamento», sottolinea il responsabile. Noi non possiamo sostenere con assoluta certezza che sia stata la presenza della C-Star a determinare questo cambio di rotta da parte di tutti gli attori presenti in quell’area, tuttavia è innegabile che Generazione Identitaria abbia espresso un diffuso sentire, che non poteva più essere ignorato, da parte di quei cittadini europei che chiedono maggiore chiarezza ed un maggiore controllo sull’operato delle organizzazioni non governative che da anni scaricano sulle nostre coste centinaia di migliaia di clandestini. Peccato però che coloro che chiedano questa sacrosanta trasparenza vengano additati come razzisti, fascisti, estremisti di destra, populisti, mostri. I giovani di Generazione Identitaria hanno «incontrato una resistenza massima anche a livello istituzionale: ci hanno bloccato i conti correnti, ci hanno impedito di fare i rifornimenti e di entrare nei porti dell’area Schengen. Ci consideravano criminali di pirateria. Oggi le istituzioni, invece, ci prendono in considerazione e abbiamo l’appoggio di migliaia di persone», racconta Concas.

«Essendo il nostro fine quello di documentare l’operato delle ong, abbiamo prodotto delle cartine dalle quali risulta che esse, invece di mantenersi al di fuori del confine delle acque territoriali libiche, ossia a 12 miglia nautiche dalla costa, si avvicinano fino a 2,88 miglia, ossia arrivando quasi sulla spiaggia. Un giornalista di Famiglia Cristiana, Andrea Palladino, ha sostenuto che tale documentazione sia falsa, truccata. Ma la veridicità di tali cartine può essere verificata ricorrendo al Long Range Identification and Tracking (LRIT), un database, obbligatorio dal 2008, le cui informazioni sono condivise tra il ponte della nave e la nazione della bandiera. Un emendamento prevede che il governo del porto di destinazione di una nave sospetta possa accedere al LRIT. Dunque, lo Stato italiano potrebbe richiedere lo storico di navigazione di ogni nave che giunga nei suoi porti. A chi sostiene che noi diffondiamo falsità chiediamo di dimostrarlo», spiega Concas, accusato dalla stampa anche «di essere ammanicato con i servizi di intelligence privata. Io ho fatto dei corsi con varie agenzie di sicurezza ed investigazione privata per lavorare e mantenere la mia famiglia, ma questo non fa di me un sovversivo. Dalla mia iscrizione al gruppo facebook “Imi security service” si è desunto che io collabori con i contractor e con Imi con cui non ho alcun contatto», prosegue il responsabile. Del resto, anche a noi appare assurdo che dall’iscrizione ad un qualsiasi gruppo su un social network si possa anche solo ipotizzare che un soggetto svolga attività di qualsivoglia natura. Peraltro, i contractor non sono criminali né mercenari, così come sono stati dipinti, e molti di loro sono impegnati anche in attività di peace-keeping.

«Io sono stato un ufficiale di marina al servizio dello Stato italiano. In missione il mio compito era quello di controllare ed individuare le navi potenzialmente colpevoli di sversamento inquinante in mare, quindi raccoglievo campionature che inviavo ai laboratori di analisi dei porti di destinazione. Ho messo a disposizione la mia competenza nell’uso di questa strumentazione nell’ambito della missione Defend Europe, il cui scopo non è quello di “annullare tutti i visti ottenuti per ricongiungimento familiare. Programmi da destra dura e pura”, così come ha scritto Palladino il 17 luglio scorso su Famiglia Cristiana, ma solo quello di ripristinare la legalità nel nostro mare. Del resto, chi ottiene il visto per ricongiungersi alla sua famiglia perché dovrebbe arrivare in Italia sul barcone e pagando i trafficanti di uomini?», conclude Concas.

di Noemi Azzurra Barbuto –  –  liberoquotidiano.it

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