Una processione ticinese ricorda la vittoria della battaglia di Lepanto

 

Video reportage di Claudio Bernieri – 7 ottobre 2015

Mai come oggi la processione in onore della Madonna del Rosario, protettrice delle armate cristiane a Lepanto contro i turchi ottomani nel 1571, assume un significato attuale.
La Madonna ha bisogno di preghiere.
Don Pigi Perini, il parroco emerito di Sant’Eustorgio, da decenni guida l’ultima processione di Milano, che s’insinua tra le coree e i cortili della vecchia Milano l’ultimo lunedì di ottobre.

In questo documentario inedito , la videocamera segue passo dopo passo la preparazione di questa storica processione.
La statua della Madonna del Rosario, conservata nella basilica di Sant’Eustorgio, viene portata in processione fuori dalla basilica,
lungo le vie del Ticinese
 dai fedeli.
La processione parte dalla basilica alle 21.00 e don Pigi, insieme il nuovo parroco, don Giorgio Riva, a don Zibi , al diacono don Pippo benedice i portoni del ticinese che espongono una immagine della Madonna. La processione rinnova un’antica tradizione che segna il legame
tra la basilica di Sant’Eustorgio e il quartiere Ticinese. Una tradizione che risale alla fine del 1500, e che ricorda la battaglia di Lepanto.

La battaglia di Lèpanto (chiamata Efpaktos dagli abitanti, Lepanto dai veneziani e İnebahtı in turco), detta anche battaglia delle Echinadi o Curzolari , fu uno scontro navale avvenuto il 7 ottobre 1571, nel corso della guerra di Cipro, tra le flotte musulmane dell’Impero ottomano e quelle cristiane (federate sotto le insegne pontificie) della Lega Santa che riuniva le forze navali della Repubblica di Venezia, dell’Impero spagnolo (con il Regno di Napoli e di Sicilia), dello Stato Pontificio,della Repubblica di Genova, dei Cavalieri di Malta, del Ducato di Savoia,[del Granducato di Toscana, del Ducato di Urbino.

La battaglia, quarta in ordine di tempo e la maggiore, si concluse con una schiacciante vittoria delle forze alleate, guidate da Don Giovanni d’Austria, su quelle ottomane di Müezzinzade Alì Pascià, che perse la vita nello scontro.
Le cronache ci raccontano quello scontro epocale: 12 galere del papa armate dal granduca di Toscana di cui 5 equipaggiate dai Cavalieri di Santo Stefano, 10 galere di Sicilia, 30 galere di Napoli, 14 galere di Spagna, 3 galere di Savoia, 4 galere di Malta, 27 galere di Genova (di cui 11 appartenenti a Gianandrea Doria), 109 galere (di cui 60 giunte da Candia) e 6 galeazze di Venezia. La flotta della Lega, salpata da Messina il 16 settembre si mosse con velocità differenti e si trovò riunita solo il 4 ottobre successivo nel porto di Cefalonia. Qui la raggiunse la notizia della caduta di Famagosta e dell’orribile fine inflitta dai musulmani a Marcantonio Bragadin, il senatore veneziano comandante la fortezza.

Il 1º agosto Famagosta si era arresa ed era stato raggiunto rapidamente un accordo con Lala Mustafà, il comandante della spedizione ottomana. I turchi avrebbero messo a disposizione delle imbarcazioni per evacuare i veneziani a Candia, mentre altra parte dell’accordo prevedeva che la popolazione civile non sarebbe stata molestata. Nel documento di capitolazione il comandante turco si era impegnato promettendo e giurando per Dio et sopra la testa del Gran Signore di mantenere quanto nei capitoli si conteneva. Qualche giorno dopo però, Mustafà fece decapitare i capitani al seguito di Bragadin e infine quest’ultimo dopo una serie di torture fu scorticato vivo[22]. La sua pelle fu poi riempita di paglia e innalzata sulla galea del Pascià.

Come già per la Battaglia di Poitiers e la futura Battaglia di Vienna, la battaglia di Lepanto ebbe un profondo significato religioso. Prima della partenza, il Pontefice Pio V, benedice lo stendardo della Lega raffigurante su fondo rosso il Crocifisso tra gli apostoli Pietro e Paolo e sormontato dal motto costantiniano In hoc signo vinces, quindi lo consegna al Duca Marcantonio Colonna di Paliano: tale simbolo, insieme con l’immagine della Madonna e la scritta “S. Maria succurre miseris”, issato sulla nave ammiraglia Real, sotto il comando del Principe Don Giovanni d’Austria, sarà l’unico a sventolare in tutto lo schieramento cristiano all’inizio della battaglia quando, alle grida di guerra e ai primi cannoneggiamenti turchi, i combattenti cristiani si uniranno in una preghiera di intercessione a Gesù Cristo e alla Vergine Maria.

La vittoria fu attribuita all’intercessione della Vergine Maria, tanto che Papa Pio V decise di dedicare il giorno 7 ottobre a Nostra Signora della Vittoria successivamente trasformata da Gregorio XIII in Nostra Signora del Rosario, per celebrare l’anniversario della storica vittoria ottenuta, si disse, per intercessione dell’augusta Madre del Salvatore, Maria.

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