Svezia: “Vescova” luterana toglie la croce e indica la Mecca in chiesa

La cronaca propone casi di fronte ai quali è lecito parlare davvero di eutanasia spirituale. Come la proposta iperecumenica e multiculturale della “vescova” luterana di Stoccolma, Gerd Eva Cecilia Brunne, presentata dall’emittente di Stato svedese Svt e ripresa dall’agenzia Jihad Watch. In cosa consiste? Nel rimuovere qualsiasi simbolo cristiano dalla chiesa dei Marinai di Freeport, contrassegnandovi però la mihrab ovvero la direzione della Mecca. Tutto questo, per non urtare la sensibilità dei naviganti di altre confessioni ed anzi indurli ad entrare per una visita.

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Sembra incredibile, ma è stata “inventato” ora anche il tempio multifunzioni. Più o meno quel che avviene nelle sale di preghiera comune negli aeroporti o nelle cappelle di alcuni ospedali: «Mettere una camera a disposizione dei credenti in altre religioni, non significa non difendere la propria fede – cerca di giustificarsi la “vescova” – I sacerdoti sono chiamati a proclamare Cristo. Lo facciamo ogni giorno e con chiunque incontriamo. Ma questo non vuol dire essere avari con i fedeli di altri credi». Queste parole sono un mix di sincretismo puro e di relativismo totale. Che ha prevedibilmente scatenato la reazione a catena di chi sia ancora dotato di buon senso, come il direttore della missione dei Marinai, Kiki Wetterberg: «Non ho alcun problema circa il fatto che i navigatori musulmani o indù vengano qui e preghino – ha dichiarato al quotidiano Dagen – Ma io credo che siamo una chiesa cristiana, per cui i simboli vanno mantenuti. Se visito una moschea, non chiedo loro di levare i loro simboli. E’ una mia scelta andare lì». Dello stesso avviso anche il parroco della chiesa di Oscar, a Stoccolma, don Patrik Pettersson, dettosi totalmente contrario all’iniziativa, contro cui ha sparato a zero sul suo blog: «Chiese e cappelle cristiane – ha scritto – non sono aree pubbliche, buone per chiunque ed in qualsiasi momento».

In realtà, la “vescova” Brunne non è nuova agli scandali: è stata contestatissima la sua elezione, avvenuta nel 2009, tanto che furono presentati ben sei ricorsi per invalidare lo scrutinio. Non solo a causa di bizantinismi o di cavilli degni dell’Azzeccagarbugli: a far problema, è stato piuttosto il fatto che si sia dichiarata pubblicamente lesbica e che la sua “partner”, un’altra “pretessa”, abbia partorito nove anni fa “loro” figlio. Che “loro” ovviamente non è. Per lo meno, non di entrambe.

Non solo: appena promossa all’episcopato luterano, Brunne ha subito rilasciato interviste al più noto settimanale gay svedese, QX, ed al corrispondente francese, Tetu. Ciò che fece venire più di un mal di pancia ai suoi stessi fedeli. Mal di pancia tornato con questa sua nuova sortita…

Corrispondenza Romana

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