Sahel: fra separatisti, terroristi ed estremisti religiosi, Mediterraneo a rischio

9 agosto – La collusione fra movimenti separatisti, terroristi ed estremisti religiosi, sta gettando la regione sahelo-sahariana in un’anarchia senza precedenti. La paura è che la zona di insicurezza si espandi in un territorio ben più ampio, fino a raggiungere le coste del Mediterraneo.

In tale contesto sarebbero quindi almeno sette i paesi minacciati direttamente: il Marocco, l’Algeria, la Tunisia, la Libia, il Mali, il Niger e la Mauritania.

Il ministro francese degli Affari esteri, Laurent Fabius, ha già ammonito sul rischio di un possibile “shaelistan”, ossia un’area, principalmente a nord del Mali, la cui attuale estrema debolezza di governo non permette di controllare l’immenso territorio, dove potrebbero spadroneggiare dei gruppi estremisti, come Aqmi o Mujao, e che potrebbe potenzialmente diventare, a causa della prossimità territoriale con Maghreb ed Europa, peggio dell’Afghanistan.

Anche le autorità spagnole hanno mandato un messaggio alla comunità internazionale, decidendo di rimpatriare i propri cittadini e quelli di altri paesi europei installati nella regione di Tindouf e nel nord del Mali, per via della “crescita rimarcabile dell’insicurezza” e quindi per possibili atti terroristici contro cittadini stranieri.

Secondo la diplomazia spagnola, scrive l’agenzia di stampa marocchina Map, l’instabilità politica del Mali ha fatto si che il nord di questo paese – caduto nelle mani di gruppi radicali, capeggiati dal Mujao, il Movimento per l’unicità e la jihad nell’Africa del Nord, sia diventato “una piattaforma terroristica” ed un punto di partenza di tutte le azioni terroristiche nella regione.

Appaiono inoltre sempre più evidenti i legami fra i separatisti del Fronte Polisario e Aqmi, Al-Qaida nel Magreb islamico, – gruppo, quest’ultimo, che si è fortemente rafforzato grazie all’instabilità generata dalla guerra civile in Libia, nella quale è ora presente una vasta zona diventata una grande mercato di armi, quelle lasciate dal regime di Gheddafi, a cielo aperto – con lo scopo di controllare e mettere a frutto i traffici, armi, droga, esseri umani e rapimenti, della regione.

La situazione dei campi profughi di Tindouf, gli stessi nei quali è stata rapita la cooperante italiana Rossella Urru insieme ai due colleghi spagnoli, nel nord del Mali ed in Libia, è percepita dai gruppi di estremisti come un’occasione per creare una zona di non-diritto, come quelle delle regioni tribali fra l’Afghanistan ed il Pakistan.

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