Camorra, boss faceva affari dal 41 bis: sequestrati beni per 10 milioni

Con le accuse di associazione di stampo mafioso, estorsione, illecita concorrenza, intestazione fittizia di beni, riciclaggio e reimpiego di proventi illeciti, a conclusione di indagini della Direzione Distrettuale Antimafia il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli ha eseguito 7 ordinanze di custodia cautelare (5 in carcere e 2 obblighi di dimora e divieto di esercizio di impresa e di uffici direttivi di imprese). Contestualmente sono stati sequestrati beni per oltre 10 milioni di euro, tra cui 11 società, diversi immobili, svariati automezzi ed un’imbarcazione; beni che, sulla base degli elementi finora raccolti, risulterebbero direttamente o indirettamente collegati alle predette attività delittuose.

I provvedimenti scaturiscono da indagini condotte su alcuni affiliati di spicco del clan camorristico dei Vinella-Grassi, storicamente attivo nell’area nord di Napoli, prima satellite del gruppo criminale dei Di Lauro, quindi confluito nel cartello scissionista degli Amato-Pagano, sino a diventare autonomo e potente clan dopo la sanguinosa faida del 2012-13 che ne ha segnato la vittoriosa contrapposizione agli Abete-Abbinante.

Tra i destinatari dell’ordinanza di arresto c’è anche Antonio Mennetta, considerato capo dell’organizzazione camorristica Vinella-Grassi: in base alle investigazioni, sebbene sottoposto al regime detentivo del 41 bis, ha mantenuto saldo il controllo dell’organizzazione e delle sue strategie di reinvestimento dei profitti delle relative attività delinquenziali in società operanti soprattutto (ma non solo) nel settore della vigilanza privata e in quello immobiliare.

L’espansione commerciale delle imprese riferibili al clan risulta proiettata anche nei settori d’impresa collegati all’emergenza sanitaria da COVID-19, risultando l’acquisizione di incarichi nel campo della sanificazione dei locali.  ASKANEWS

 

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