“Quella psichiatra ha distrutto le prove che mi danno ragione”

Una mamma di Vercelli racconta l’assurda Odissea del suo bambino
Ecco un assaggio della memoria che Roberta ha inviato a Nuova Cronaca.

“IL 4/7/2015, G. (Il padre biologico del bambino ndr) AL RITORNO DA NOVARA HA UNA FORTE ESPLOSIONE D’IRA DOVE MINACCIA DI UCCIDERMI E DI UCCIDERE IL BAMBINO E TENTA DI GETTARE il piccolo IN UN CASSONETTO DELLA PLASTICA. DA QUESTO GIORNO il bambino COMINCERA’ A RACCONTARE GRAN PARTE DEGLI ABUSI SUBITI A NOVARA E SI RIFIUTERA’ DI VEDERE E SEGUIRE G.

La psicologa parla con il bambino e rileva l’urgenza di intervenire nella sospensione degli incontri padre-figlio, in quanto il bambino è vittima di un forte stress post-traumatico causatogli dal padre. Le relazioni verranno inviate con urgenza al Tribunale dei minori ma non saranno tenute in considerazione dal giudice tutelare del tribunale dei minori di Vercelli Carlo Bianconi che mi obbliga a riportare il bambino a Novara, da G. Alla notizia di tornare a Novara mio figlio ebbe una crisi di nervi, ruppe un tavolo di cristallo in salotto e fu ricoverato in ospedale. I medici riusciranno a refertare grazie all’ausilio di una lampada speciale i segni evidenti di ecchimosi profonde pregresse e di fronte a tre poliziotti.

Il Tribunale di Vercelli nomina la ctu Patrizia De Rosa. Appena entrata in studio, De Rosa esordisce puntando il suo indice: o faccio conciliazione con G o mi punisce spedendo me e mio figlio in comunità mamma-bambino. Io rispondo che si può fare conciliazione a patto che si trovi una terapia adatta agli scatti d’ira e violenza del G e si al mille per cento il bambino. La De Rosa mi ripete che ero inadeguata e che dovevo assolutamente essere collocata in una struttura comunitaria di rieducazione dopo che mi erano stati tolti i bambini. La Ctu ordinò che G venisse a casa nostra tre volte a settimana più sabato o domenica a scelta sua e che telefonasse senza limite per sentire il piccolo. Ma gli incontri in casa con il bambino erano sempre traumatici, tanto da spingere i vicini a chiamare la Polizia.

LA DE ROSA stabilì CHE PER VENTI GIORNI G NON VENISSE A CASA NOSTRA A VEDERE IL BAMBINO E NON TELEFONASSE. MA LO RASSICURO’ DAVANTI A ME CHE UNA VOLTA TERMINATI I VENTI GIORNI AVREBBE FATTO TUTTO CIO’ CHE ERA IN SUO POTERE PER ALLONTANARE DA NOI IL BAMBINO E CONSEGNARGLIELO “A MEMORIA INTONSA” PER sempre. L’accusa di maltrattamento su minore di G fu archiviata adducendo motivazioni che rispecchiavano fedelmente le parole della De Rosa che si era già recata presso i servizi sociali di Vercelli a mia insaputa per fare inserire me e il bambino in comunità residenziale e poi attivarsi per staccare il bambino (enucleare come diceva lei) da Vercelli.

La De Rosa depositò la sua ctu che non aveva nessuna osservazione del bambino familiare e scolastica, nessun dialogo con maestre d’asilo e pediatra. Ritoccò alcune mie risposte aggiungendo figure di Walt Disney da me nemmeno nominate per evidenziare la mia inadeguatezza. Dipingeva me e mio marito Davide come nucleo disastrato abitante in appartamenti fittizi che non è in grado di permettere un corretto sviluppo evolutivo a un bambino che, a suo parere, era affetto da grave patologia psichiatrica. Il Tribunale sposò la ctu della De Rosa e ordinò che io e e mio figlio venissimo collocati in una residenziale mamma-bambino. Siccome non vi erano posti fu catapultato, a pochi giorni dall’inizio della prima elementare, in un comunità minorile di Caserana dove restò dieci mesi.

Nel frattempo G si inserì nella chat scolastica delle mamme e divulgò in privato a diverse madri il contenuto della ctu della De Rosa. Presso la COMUNITA’ CASA GINEVRA il bambino subì spesso pestaggi dagli altri piccoli ospiti (che più di una volta urinarono e defecarono all’interno del suo zaino scolastico), minacce e maltrattamenti dalle educatrici ogni qualvolta si rifiutasse di giocare, ridere, parlare ed interagire con G. LE EDUCATRICI SCRISSEO CHE GRAZIE AL LORO INTERVENTO aveva RICOSTRUITO UN RAPPORTO AFFETTUOSO E SERENO CON IL PADRE. Ma il bambino con un piccolo telefono mi chiamò appena arrivato in comunità, poco prima che iniziasse l’incontro con G. Decisi di registrare le telefonate e mi si aprì uno scenario orribile: le educatrici, si accordavano con G (che chiamavano Papi) su cosa scrivere nelle relazioni da inviare a Antonio Marozzo (Presidente Tribunale di Vercelli Ndr).

Al bambino non davano cibo e acqua se si rifiutava di interagire con il padre. Mio marito e io venivamo continuamente denigrati davanti a lui. ll bambino, asmatico grave, veniva lasciato solo e chiuso in stanza durante i broncospasmi allergici, senza aria, acqua e cibo, pena per non aver voluto riappacificarsi con il padre. Il mio nuovo avvocato penalista scoprì che erano stati distrutti tutti i Dvd degli incontri della De Rosa. Lei aveva scritto di averli depositati, invece non lo aveva mai fatto.

Quando poi il mio avvocato chiese il fascicolo le fu detto che non c’era perché Marozzo se lo portava sempre a casa. L’avvocato avvocato tenne duro e il bambino fu tolto dalla comunità diurna. Furono predisposti incontri settimanali con il padre. Un’ora a Villa Cingoli. Il bambino subisce per ben due volte aggressioni dal padre che gli lasceranno i segni (refertati) sul braccio.

Questa volta raccolgo tutti i dialoghi, li sbobino parola per parola e vado a denunciare con il referto medico delle botte subite all’Ispettore Maria Rosa Mazza che, nonostante i tentennamenti, alla fine la accoglie per FALSO IDEOLOGICO, MALTRATTAMENTI PER GLI EDUCATORI DI ENTRAMBE LE STRUTTURE E MALTRATTAMENTI PER G. La ctu inizia con al mio fianco il professor Meluzzi e con l’andare del tempo vengono sospesi gli incontri in Villa Cingoli e si affianca un educatore professionale e uno psicologo al bambino per poterlo monitorare a 360 gradi durante ogni aspetto pubblico e privato della sua vita. Durante questi incontri Patrizio slascia andare alle confessioni piu’ scioccanti. Ma la storia, purtroppo, non è ancora finita”.

Roberta

da Nuova Cronaca n.7

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