Chiamate il prete. Al governo Conte bis serve già l’estrema unzione

Chiamate il prete. Al governo Conte bis serve l’estrema unzione, perché nasce già morto. E cominciamo francamente ad essere tutti stanchi di questi stress quotidiani di un esecutivo destinato a durare poco. Se nasce. Ormai i protagonisti principali si parlano solo per mandarsi reciprocamente al diavolo. Di Maio deve riunire continuamente i suoi per spiegare che cosa si è messo in testa e in pochi lo capiscono. Zingaretti rimugina su che cosa vorrebbe fare a Renzi che si è mosso solo per impedire il voto anticipato, fregandosene di che razza di governo possa uscirne fuori. In sostanza, il governo rischia di crepare nella culla.

Conte come Napoleone – – Lo stesso improvviso incontro di Conte con Mattarella avvenuto ieri mattina sembra un tentativo di trasformare l’esecutivo in gestazione in una specie di governo del presidente per non dover dichiarare subito fallimento. Quella battuta feroce circolata in ambienti del Pd sul premier (“si crede Napoleone”) e le crisi isteriche di Di Maio portano Conte a pendere dalle labbra del presidente della Repubblica, che rischia di essere costretto a trasformarsi nel tutore del governo. Nulla esclude che a questo punto – se le cose stanno così – che dal Colle parta un’iniziativa per convincere Zingaretti ad entrare anche lui nel governo come vicepremier al fianco di quello pentastellato. Un governo senza capi espone inevitabilmente il Quirinale in un ruolo, dicono da quelle parti, da cui vorrebbe sottrarsi.

Del resto, lo scontro aperto prima ancora di partire, rende complicato chiudere la trattativa per recarsi alle Camere per ricevere il voto di fiducia. Mattarella dovrà passare al microscopio ciascun ministro per evitare altre stagioni di figuracce ineguagliabili tra gaffe e manifeste incapacità. Ma ha già capito che un governo tra Pd e Cinquestelle dura poco e dovrà interrogarsi ancora di più su quello che propone Giorgia Meloni con doverosa insistenza: il voto anticipato.

Il fuoco che divampa tra i principali partiti della maggioranza – mentre reclamano briciole i “piccoletti” che pure saranno determinanti al Senato ma nessuno ascolta – è enorme. La sceneggiata sul programma tenta (invano) di cancellare il conflitto totale sulle poltrone. E davvero non si capisce come possano impegnarsi su una impraticabile promessa di stabilità per la legislatura.
Il gioco tra M5s e Pd

La riunione dei Cinquestelle di ieri pomeriggio, infatti, è servita a lanciare bordate proprio sul documento programmatico di governo. Quando si fa sapere che bisogna partire lancia in resta contro l’immigrazione clandestina si sollecitano applausi dal popolo e si provocano sconquassi a sinistra. Idem con l’attribuzione a Conte del consenso alla revoca delle concessioni autostradali, del no ad inceneritori e trivelle e il via libera all’immancabile taglio dei parlamentari.

Inevitabile chiedersi a che gioco stiano giocando. Se ti allei con la sinistra e punti ad umiliarla vuol dire che ci hai ripensato oppure che sei pronto a rinfoderare ogni minaccia sul programma pur di ottenere i sospirati posti che contano nel governo, solita vicepresidenza del Consiglio per Di Maio inclusa. Il Pd dirà il contrario e nessuno ci capirà nulla.

Come faranno a partire e poi a durare appartiene ai misteri (poco) gloriosi della politica. L’Italia rischia sempre di più con questa gente a Palazzo Chigi.

Francesco Storace

SOSTIENI IMOLAOGGI
il sito di informazione libera diretto da Armando Manocchia

IBAN: IT59R0538721000000003468037 BIC BPMOIT22XXX
Postepay 5333 1711 3273 2534
Codice Fiscale: MNCRND56A30F717K