Reggio Emilia, le perquisizioni si fanno dopo le elezioni. Per non turbare il Pd

Il Pd ha fiducia nella magistratura. Ovvio, se lo spettacolo è sempre lo stesso. Mica c’è bisogno di Luca Lotti, ormai le premure si moltiplicano, nessuno vuol dare troppi fastidi ai compagni nei guai. La giustizia ad orologeria funziona in ritardo: prima le elezioni, e solo poi le perquisizioni e gli avvisi di garanzia.

La teoria è della Procura della Repubblica di Reggio Emilia, che l’ha rivendicata per bocca del suo capo, Marco Mescolini (nella foto). Siccome si votava per le comunali del capoluogo si è atteso pazientemente che gli elettori avessero il tempo di votare per l’amministrazione uscente – ovviamente rossa – senza essere turbati da inchieste. I reggiani sono andati ai seggi convinti di votare per tante brave persone, hanno riconfermato il sindaco Vecchi e poi la scoperta. Sirene spiegate al Comune, Guardia di Finanza negli uffici, perquisizioni a caccia di irregolarità negli appalti comunali. Con il cadeaux di quindici avvisi di garanzia, vicesindaco e un assessore uscenti inclusi. I reati? Corruzione, turbativa della libertà degli incanti, falsità ideologica del pubblico ufficiale, abuso d’ufficio e rivelazione di atti d’ufficio. Il tutto per undici milioni per gli impianti tecnologici. E poi parcheggi, controlli ztl, trasporti scolastici per altri 25 milioni. Assieme a qualche bella nomina.

Bendiamo gli elettori – – Ma gli elettori dovevano restare con gli occhi bendati e i tappi nelle orecchie. Non andavano “turbati”. E nemmeno il Pd, povero.

È stato proprio Mascolini a “spiegare” l’inspiegabile ed è significativo che nessuna testata nazionale si sia gettata a capofitto su dichiarazioni quantomeno clamorose. Palamara non avrebbe detto di meglio. “Non si può fare una perquisizione venerdì – ha detto il capo della Procura di Reggio – se domenica si vota. Abbiamo cercato di rispettare al massimo ciò che stava avvenendo sia prima (riferendosi all’indagine avviata a febbraio con gli altri 18 dirigenti comunali indagati, ndr) sia dopo le elezioni, agendo non subito, ma non troppo dopo. Il concetto è ‘dopo’ che è un valore”. Sennò si turbano gli elettori…

Sicuramente almeno il compagno sindaco avrà sempre più fiducia nella giustizia italiana, reggiana in particolar modo. Ci consente il dottor Mascolini di considerare molto sbagliata la sua posizione? Non avevano diritto gli elettori a sapere che razza di amministrazione andavano a rinnovare?

Interrogazione di Foti (Fdi) – – Vedremo se come il procuratore della città emiliana – già toccata da altre inchieste, di mafia, che fortunatamente hanno risparmiato il Pd – la penseranno anche Bonafede e Salvini. Già, perché a chiamare meritoriamente in causa il governo è il deputato di Fratelli d’Italia Tommaso Foti, stupito quanto noi dell’accaduto e che ha denunciato la strana teoria di Mascolini.

Foti ha presentato un’interrogazione al ministro della Giustizia per sollecitare un’ispezione ministeriale alla Procura di Reggio Emilia.

E a Salvini per valutare – sulla scorta di una dettagliata relazione del Prefetto sul coinvolgimento di amministratori e dirigenti nell’inchiesta della Procura – se non sussistano le condizioni per il commissariamento del Comune di Reggio Emilia.

Se potessimo, suggeriremmo ai due ministri di non perdere tempo nel rispondere e soprattutto agire. Perché questa storia va chiarita: vogliamo sapere anche noi se i tempi della giustizia possano essere condizionati – pro reo… – dalle competizioni elettorali. Perché non sempre succede così, talvolta – per alcuni e non per altri – i carabinieri arrivano durante i comizi…

Evviva il Csm.

Francesco Storace

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