Riace, sindaco arrestato per finti matrimoni accusa Minniti “una brutta persona”

di Claudio Cordova – – notizie.tiscali.it

Il Gip di Locri non ha concesso la misura cautelare nei confronti del sindaco di Riace, Domenico Lucano, per gran parte dei capi di imputazione contestati dalla Procura: accuse generiche prive di riscontri, i rilievi mossi con maggiore frequenza all’impalcatura messa in piedi dagli inquirenti. Laddove, invece, ha avvalorato l’impianto accusatorio, però, il Gip non risparmia pesanti valutazioni sulle condotte messe in atto dal sindaco dell’accoglienza, finito agli arresti domiciliari nell’ambito dell’operazione “Xenia” per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina: “L’indagato vive oltre le regole, che ritiene d’altronde di poter impunemente violare nell’ottica del ‘fine giustifica i mezzi’; dimentica però che quando i ‘mezzi” sono persone il ‘fine’ raggiunto tradisce quegli stessi scopi umanitari che hanno sorretto le proprie azioni”.

Tra le accuse nei confronti di Lucano, quella di essere l’organizzatore di matrimoni “di comodo” tra gli abitanti del suo comune e donne straniere, al fine di favorire illecitamente la permanenza di queste ultime nel territorio italiano. “Dimestichezza e spregiudicatezza” da parte del sindaco che, nonostante sapesse di essere indagato, nelle conversazioni intercettate non avrebbe fatto mistero di trasgredire norme civili e amministrative per mantenere in piedi il “Modello Riace”, divenuto famoso nel mondo. Scrive il Gip: “Per il perseguimento dei suoi scopi, l’uomo non risparmiava il ricorso a condotte non solo penalmente, ma anche moralmente riprovevoli per quanto, dal suo punto di vista, finalizzate a garantire a soggetti svantaggiati la possibilità di permanere in Italia o di raggiungere il Paese per godere di un migliore regime di vita”.

Il riferimento è appunto, ai matrimoni fittizi. Tre i casi che gli inquirenti sono convinti di aver verificato. In uno di questi, peraltro, lo stesso Lucano si sarebbe recato in Etiopia al fine di garantire l’esecuzione delle procedure sul suolo africano: “Dei tre matrimoni fittizi organizzati, due vedevano protagonisti suoi concittadini facilmente malleabili ai suoi fini o perché non avvezzi a intrattenere relazioni amorose (“lui è piccolino così, mai avuto donne” si dice in una conversazione intercettata) o perché affetti da deficit mentale (“quello stupido” viene definito nelle conversazioni il ‘prescelto’); l’ultimo era invece ‘interpretato’ da fratello e sorella, il primo dei quali, una volta sposatosi, avrebbe lasciato temporaneamente in Etiopia la sua vera moglie e tre figli”.

La polemica con l’attuale ministro degli Interni, Matteo Salvini, è nota. Dalle intercettazioni emerge però cosa il sindaco dell’accoglienza pensasse del predecessore del leader leghista, al Viminale, Marco Minniti, esponente di quel Partito Democratico che ha sostenuto pubblicamente Lucano nel suo modello di accoglienza. Proprio con riferimento all’organizzazione del matrimonio di una cittadina straniera cui era già stato negato – per ben tre volte – il permesso di soggiorno, in cui Lucano affermava: “… se ne deve andare, se ha avuto per tre volte il diniego … ecco perché non lo rinnovano più. Ti spiego dal punto di vista dei documenti lei non può stare … mica dipende da … questo purtroppo, dico purtroppo perché io non sono d’accordo con questo decreto, come documenti lei non ha diritto di stare in Italia, se la vedono i carabinieri la rinchiudono … perché non ha i documenti, non ha niente”.

Per spiegare il perché di tutto questo, Lucano alla giovane donna, Joy, spiega così il perché del presunto artifizio: “Adesso con il nuovo Governo c’è uno che si chiama Minniti, una brutta persona, vi mandano via, vi cacciano”. Il raggiro, però risolverebbe le cose: “Lei va alla Questura di Siderno e richiede il permesso di soggiorno per motivi familiari, in barba a Minniti!”. Frasi che potrebbero imbarazzare il Pd, soprattutto ora che Minniti viene inserito tra i papabili candidati alla segreteria del partito, in alternativa a Nicola Zingaretti.

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