Deficit/Pil al 2,4%? I governi precedenti hanno fatto peggio

Il 27 settembre scorso il governo giallo-verde ha annunciato, nella nota di aggiornamento al Def (il più importante strumento di programmazione economica), un differenziale del 2,4% tra Deficit/Pil. La notizia è stata accolta da opinionisti e giornali come un evento drammatico, bollato dal Pd come una scelta scriteriata e irresponsabile.

Ma tutti o quasi i governi degli ultimi 10 anni hanno usato un differenziale ben più alto del 2,4%, con l’eccezione del governo Gentiloni nel 2017 che vi si è scostato dello 0,1%.

Vediamoli tutti

2017, governo Gentiloni Deficit/Pil al 2,30%

2016, successione dei governi Renzi-Gentiloni Deficit/Pil al 2,50%

2015, governo Renzi Deficit/Pil al 2,60%

2014, successione dei governi Letta-Renzi Deficit/Pil al 3,00%

2013, successione dei governi Monti-Letta Deficit/Pil al 2,90%

2012, governo Monti Deficit/Pil al 3,00%

2011, successione dei governi Berlusconi- Monti Deficit/Pil al 3,50%

2010, governo Berlusconi Deficit/Pil al 4,20%

2009, governo Berlusconi Deficit/Pil al 5,30%

2008, successione dei governi Prodi, Berlusconi Deficit/Pil al 2,70%

Lo mostrano i dati Istat in modo incontrovertibile. Persino il governo “tecnico” di Monti ha procurato un differenziale Deficit/Pil del 3,00%.

deficit pil

 Vero è che i governi avevano sempre annunciato nella nota al Def percentuali più basse per trovarsi a consuntivo con il dato che vedete. Più problematico sarebbe se si scoprisse a consuntivo che il differenziale Deficit/Pil attuale è ben più alto del 2,4% e peggio ancora che l’operazione del governo, di stimolare con i proprio provvedimenti il Pil, fallisse. Ma di certo l’economia italiana ha da anni bisogno di manovre espansive e non contrattive.

L’Unione europea, nel tentativo di regolare i conti dei suoi stati membri, ha stabilito nei trattati un tetto massimo di deficit che uno Stato può creare, calcolato non in termini assoluti, ma in rapporto al prodotto interno lordo (Pil), cioè alla ricchezza che produce il Paese: il 3% del Pil.

Ma quel 3%, che impicca tutte le economie europee da molti anni, è un numero arbitrario e non scientifico per ammissione dello stesso creatore. Nacque così. Dopo la vittoria alle elezioni francesi del 1981, i socialisti di Francois Mitterand per mantenere le costose promesse elettorali avevano portato il deficit da 50 a 95 miliardi di franchi.

Per contenere i conti e frenare i suoi ministri Mitterrand incaricò Pierre Bilger, a quel tempo vice direttore del dipartimento del Bilancio al ministero delle Finanze, di implementare una regola ed evitare altre spese pubbliche pazze. Bilger incaricò due giovani esperti. Uno di questi, Guy Abeille tirò fuori il famoso numero dopo un’ora il “3% sul rapporto deficit/Pil” che per sua stessa ammissione non ha alcuna base scientifica.

“Prendemmo in considerazione i 100 miliardi del deficit pubblico di allora (che aveva la Francia). Corrispondevano al 2,6% del Pil. Se in quel momento il rapporto fosse stato al 2% o al 4%, avremmo preso quel numero come parametro. Nasceva dalle circostanze, senza un’analisi teorica”.

Guy Abeille continua: “Abbiamo stabilito la cifra del 3% in meno di un’ora. È nata su un tavolo, senza alcuna riflessione teorica. Mitterrand aveva bisogno di una regola facile da opporre ai ministri che si presentavano nel suo ufficio a chiedere denaro. Avevamo bisogno di qualcosa di semplice. Tre per cento? È un buon numero, un numero storico che fa pensare alla trinità”. Qui potete sentire le parole direttamente dalla voce di Guy Abeille. In seguito la regola fu adottata dalla Ue.

Funziona più o meno così: se produco 100 miliardi di Pil, il deficit non potrà superare i 103 miliardi. Perché? Perché c’è la trinità (sic!). Siamo nel pieno campo della metafisica. E contro la metafisica nessuno può nulla. Certo, è sempre meglio contenere il debito ma sappiate che gli economisti europei e gli opinionisti italiani del sacro 3% sono degli adepti di questa metafisica. Niente di più.

Per il leader del Pd Maurizio Martina con il 2,4 % dell’attuale governo “il Paese sta correndo un grave rischio”. Lo stesso discorso a tinte fosche è stato ripetuto dal ex segretario Matteo Renzi che ha attaccato come irresponsabile e pericolosa la manovra, quando nel 2017 chiedeva alla Ue un rapporto Deficit/Pil del 2,9 % e per 5 anni. Il commissario europeo per gli Affari economici Pierre Moscovici ha criticato duramente la manovra del governo.

In questi giorni lo stesso presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha invitato “la politica a tenere in ordine i conti, condizione necessaria per tutelare i risparmi e garantire il futuro dei cittadini”.

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