Italiano e disabile: vince graduatoria per la casa popolare, ma si vede superare da una famiglia di tunisini

di Andrea Piccolo –  www.lagazzettadilucca.it

Vergogna nel comune amministrato dal sindaco Sara D’Ambrosio e da mister Gucci-Remaschi: un disabile si piazza quarto in classifica, ha diritto alla casa, ma la famiglia maghrebina, più numerosa, si prende la ‘sua’ casa nonostante il punteggio più basso. Eccola l’Italia che si svende allo straniero. Pubblichiamo la lettera, accorata, un appello vero e proprio al quale l’amministrazione Pd che dovrebbe essere vicina agli italiani, al contrario si schiera con extracomunitari, maghrebini e assegna loro case popolari solo per il fatto di avere famiglie numerose. Via alla sostituzione etnica. Pubblichiamo la lettera di Andrea Piccolo, con questa commovente premessa dello stesso firmatario della missiva:

Buonasera,

Mi chiamo Andrea Piccolo ho 35 anni e vivo ad Altopascio.
Sono un non vedente da diversi anni ed ho anche altri problemi di salute non semplici da affrontare… Come se non bastasse quello di non poter vedere! Mi rivolgo alla vostra cortese redazione per lanciare l’ appello contenuto nel documento allegato alla presente. Mi trovo in difficoltà e per me le porte sono sempre sbarrate o, quanto meno, le risposte sono sempre evasive… Credo che questo appello pubblico possa rappresentare per me l’ultima possibilità.

“Mi chiamo Andrea Piccolo, ho trentacinque anni, abito ad Altopascio, e mi trovo costretto a denunciare pubblicamente la mia situazione: sono un non vedente da diversi anni, oltre ad avere altri problemi di salute che mi comportano ulteriori spese di cura in visite specialistiche, farmaci e dispositivi medici. Devo poi pagare l’affitto di 500 euro al mese, tutte le bollette delle varie utenze, mangiare e, insomma, sopravvivere. Sommando la pensione di invalidità e l’indennità di accompagnamento percepisco 1100 euro che, quasi sempre, nonostante i miei sforzi e l’aiuto di amici e parenti, non mi sono sufficienti ad arrivare a fine mese. Ho un Isee (indicatore situazione economica equivalente) pari a zero.

Recentemente l’amministrazione comunale ha annunciato di aver consegnato cinque alloggi popolari a cinque famiglie che si trovavano ai primi posti nella graduatoria… lasciando così intendere che fossero oggettivamente anche le più bisognose. Le cose, però, stanno in un modo un po’ diverso. Io che mi trovavo al quarto posto della graduatoria non ho avuto la casa popolare che aspetto da anni.

Questo perché, in applicazione dei criteri stabiliti dalla legge regionale, all’atto dell’assegnazione si scorre la graduatoria fino ad arrivare al nucleo familiare con un numero di componenti in linea con i vani dell’alloggio popolare da assegnare. Se ad esempio, come è successo ad una famiglia tunisina, la casa da assegnare ha i vani sufficienti per quattro persone può essere assegnata anche al nucleo familiare di quattro persone che si trova al dodicesimo posto della graduatoria.

Sicuramente mi si risponderà che è stata applicata la legge (anche se in situazioni di grave handicap, come nel mio caso, potrebbero essere previste delle deroghe), ma il dato di fatto è che io italiano disabile ed al quarto posto in graduatoria sono senza casa popolare, mentre viene assegnata ad una famiglia di extracomunitari che è collocata al dodicesimo posto della graduatoria, con un punteggio assai più basso del mio. A questo punto, considerando che non potrò mai avere una casa popolare che mi alleggerisca del peso dell’affitto, chiedo pubblicamente al Comune che mi dia in qualche modo una mano per andare avanti, che mi aiuti nel pagamento dell’affitto o mi fornisca qualche buono spesa.

Dopo aver avuto dei colloqui con le assistenti sociali, con la sindaca, con l’assessore al sociale, mi sono state date solo risposte evasive e, addirittura, mi è stato detto che non mi sarebbe più stato garantito nemmeno il servizio di trasporto per effettuare le viste mediche. Servizio che in passato ho sempre ricevuto. Non posso più continuare a sentirmi umiliato con risposte di questo tipo. La mia è la situazione reale e concreta di un disabile. Molto in contrasto con la generica ed astratta attenzione a questa categoria che tante volte viene proclamata. Chiedo alla sindaca, come prima cittadina che deve occuparsi anche degli ultimi, di farsi un esame di coscienza e provare a darsi una risposta a questa domanda: cosa farebbe lei al mio posto?”.

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