Crac Etruria, l’accusa agli ex vertici: “Banca spolpata e portata allo sfacelo”

Banca Etruria alla resa dei conti. Oggi ci sarà una maxi udienza che vedrà sul banco degli imputati 31 persone (anche se probabilmente nessuno di loro sarà presente in aula), membri degli ultimi consigli di amministrazione dell’istituto di credito aretino.

Pesanti le richieste: dei 576 milioni chiesti dal liquidatore di Banca Etruria Giuseppe Santoni a 37 ex amministratori, la fetta più consistente sarebbe stata chiesta per la mancata fusione con la Banca popolare di Vicenza, che non fu fatta nonostante, dice il liquidatore, ci fosse un’offerta d’acquisto sotto forma di Opa che Santoni giudicava vantaggiosa. La richiesta, presentata al Tribunale civile di Roma, chiama in causa i 37 dirigenti anche per l’erogazione di mutui e la linea di condotta nella gestione della banca giudicate non consone alla situazione in cui si trovava la banca.

Il silenzio degli interessati

Ad Arezzo i diretti interessati restano in silenzio anche se, tramite i loro avvocati, si apprende che non hanno ancora ricevuto le notifiche ma ovviamente è solo questione di tempi tecnici. Nessuno dei coinvolti parla, salvo tre membri del cda ed ex vertici che vogliono rimanere anonimi ma che hanno rivestito cariche importanti. Tutti si dicono trasecolati e stupiti della richiesta di risarcimento. “Quello che ci lascia senza parole – dice uno di loro – è la richiesta per l’accusa circa la mancata fusione con Vicenza che non ha mai fatto una proposta di acquisto ma solo una proposta di Opa che noi valutammo ma chiedendo chiarimenti mai arrivati. Quanto alle cifre siamo davvero fuori da ogni ragione”.

La vicenda Bpel

Non la pensa così Antonio Briguglio, ha scritto l’avvocato per conto del liquidatore: “La vicenda Bpel va ben al di là delle pur eclatanti cronache giornalistiche, è storia incredibile di mala gestio… Una banca popolare assai radicata nel territorio… è stata nel giro di alcuni anni letteralmente condotta allo sfacelo”. Il costo della caduta della Banca Etruria sarà comunque anche più caro di quanto si era pensato in un primo momento: non 400 milioni, ma 576, di cui 464 a carico degli ex amministratori della banca più discussa degli ultimi anni. Cui si aggiungono i 112 addebitati a Price Waterhouse, la società di revisione che certificava il bilancio di Bpel.

Le richieste di danni

Sono queste le richieste di danni che il liquidatore della Vecchia Etruria, Giuseppe Santoni, ha presentato al tribunale civile di Roma, avviando così l’azione di responsabilità annunciata un anno e mezzo fa (nel marzo 2016) con la prima lettera di messa in mora. Sotto inchiesta due ex presidenti (Giuseppe Fornasari e Lorenzo Rosi), quattro ex vicepresidenti (Giovanni Inghirami, Giorgio Guerrini, Alfredo Berni e Pierluigi Boschi, padre del sottosegretario a Palazzo Chigi Maria Elena), un ex direttore generale, Luca Bronchi, e 30 fra ex membri dei tre Cda succedutisi dal 2010, ex sindaci revisori ed eredi di consiglieri defunti. L’accusa è grave, sono accusati di aver “spolpato” la banca sotto il peso di “una serie di errori madornali… intervallata da un altrettanto incredibile serie di erogazioni di favore e/o in palese conflitto di interessi, ovvero dissennate o inutili”, ha detto ancora l’avvocato Briguglio.

Questi i conti

“Nel conto di Santoni – spiega la Nazione – il capitolo più pesante è quello della mancata fusione con Popolare Vicenza, per la quale il liquidatore quantifica il danno in addirittura 212 milioni (il prezzo offerto dalla banca di Zonin in una discussa Opa)”. Santoni invece calcola in 140 milioni la perdita di finanziamenti erogati. Ecco la suddivisione: Si va dai 38 del fido alla Sacci (guidata da Augusto Federici, uno dei consiglieri ora citati a giudizio), ai 22 dello Yacht di Civitavecchia, che ancora arrugginisce in porto senza aver mai preso il mare, dai 19 delle società assistite dallo studio di Luciano Nataloni (altro ex consigliere) ai 17 della villa San Carlo Borromeo del guru Armando Verdiglione”, si legge sempre nel quotidiano toscano. Inoltre c’è la partita dei crediti deteriorati: 112 milioni di danni.

Il Comune di Castiglion Fiorentino

Il Comune di Castiglion Fiorentino (Arezzo) si costruirà parte civile nel processo sulla bancarotta di Banca Etruria. La decisione, dopo l’approvazione nel Consiglio comunale del 28 aprile 2016, è stata presa ieri con delibera di giunta. La costituzione di parte civile, così come quella del Comune di Arezzo, non sarà quasi sicuramente affrontata nell’udienza in programma domani davanti al gup del tribunale di Arezzo, Piergiorgio Ponticelli, impegnato a decidere circa la riunificazione dei due filoni relativi alla bancarotta dell’ istituto bancario aretino (che vede coinvolti una ventina tra ex amministratori e membri del Cda ripartiti tra i due filoni) per poi, con ogni probabilità, rimandare la decisione sulle circa duemila richieste di costituzione di parte civile all’udienza già calendarizzata per il 2 novembre. Intanto, la causa civile procede accanto ai diversi filoni di indagine sul lato penale. La più importante è quella relativa alla bancarotta per il dissesto dell’istituto, che vede 22 ex dirigenti indagati. Tra questi non c’è Pier Luigi Boschi, coinvolto in un’altra inchiesta, sempre per bancarotta ma legata alla liquidazione concessa all’ex dg Luca Bronchi.

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