Padre Madròs: divisa da prete, coraggio da leoni

di Aldo Grandi

Mai. Never ever. Jamais. Ci era capitata un’esperienza simile. Un sacerdote cattolico che parla come un laico, che adotta la forza della ragione senza per questo compromettere la dignità della fede. Dovevamo venire a moderare il convegno in memoria di Oriana Fallaci a Firenze nell’anniversario della sua morte per conoscere questa singolare fiducia di pastore di anime nato a Gerusalemme, palestinese di nascita, quindi, ma armeno di origine, cattolico di religione in una realtà dove 150 mila cristiani convivono con nove milioni di musulmani, uomo di cultura e professore universitario all’università di Betlemme. Uomo di cultura infinita, conoscitore di 11 lingue vive – tra le quali l’ebraico antico – e cinque morte, innamorato dell’Italia, fan(atico) di Totò, amante della vita e difensore delle donne e dell’Uomo in quanto tale sotto tutti i regimi e a tutte le latitudini. Un prete ironico, sferzante, coraggioso, implacabile, sincero, devastante nell’accusare l’Occidente e il nostro Paese in particolare, di essere responsabile di un suicidio collettivo provocato da una allucinante immigrazione di musulmani provenienti dai paesi africani e non soltanto. Un uomo dotato di una logica che rasenta l’ovvietà e imbevuta di buonsenso, profondo conoscitore del Corano e delle sue sfumature, madrelingua araba e, di conseguenza, orgoglioso delle proprie radici e sostenitore di una palestina indipendente.

Sul tavolo del convegno Armando Manocchia ha poggiato tre bandierine: una italiana, una americana e una israeliana. Erano i tre Paesi cari a Oriana Fallaci. Padre Madròs, al momento di sedersi, le vede e domanda per quale motivo non ci sia, accanto a quella israeliana, una bandiera palestinese. Poi capisce, ma non emorde: a lui, avrebbe fatto piacere vederci anche quella della Palestina.

L’intervento di Padre Madròs è incredibile. Strappa applausi ad ogni piè sospinto per la chiarezza dell’esposizione, la conoscenza della lingua italiana financo nelle sue più recondite sfumature, addirittura si esibisce in pronunce tipiche romanesche o toscane. Ha vissuto in Italia, ama questo Paese e non riesce a capacitarsi di come non si renda conto di ciò che significhi far arrivare centinaia di migliaia di giovani africani di religione musulmana in un paese occidentale e cattolico oltreché democratico perché, a suo avviso e come padre Roberto Tassi messo all’indice per il suo coraggio, se l’islam è una teocrazia ed essendo la teocrazia l’opposto della democrazia, l’islam non può essere né sarà mai una democrazia. Non lo capiscono, in primis, gli intellettuali e i giornalisti italiani cosiddetti politicamente corretti, quelli radical chic-choc, quelli che leccano il culo ogniqualvolta sentono odore di di sinistra e vedono le chiappe colorate di rosso. E non si rendono conto che una teocrazia come l’islam, i primi a finire appesi al gancio dei macellai del nuovo verbo sarebbero proprio loro.

Ma eccolo, integrale, il video dell’intervento di padre Madròs che, più avanti, porteremo, noi della Gazzetta di Lucca, a Lucca per farlo conoscere e far conoscere il suo pensiero. Buona visione.

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