Boss mafioso morì in carcere: maxi risarcimento alla famiglia

L’ex boss fu curato male e alla famiglia viene ora riconosciuto dal giudice un risarcimento ingente. Giovanni Ferraro, esponente di spicco della mafia cerignolana, morì a 40 anni, nel 2001, nel carcere di Parma, dove era recluso dopo la condanna per mafia e droga. Adesso il giudice monocratico del Tribunale civile di Roma ha dato ragione alla moglie e ai tre figli che riceveranno dunque un maxi risarcimento dal Ministero di Grazia e Giustizia in quanto il congiunto fu curato male e morì per una setticemia cardiaca, causata da una “infezione di scoagulamento del sangue”.

La sentenza

La sentenza – come si legge su La Gazzetta del Mezzogiorno – è arrivata dopo 8 anni di battaglie legali e gli avvocati dei Ferraro – Francesco Santangelo, Marcello Coletta e Raffaele Di Bisceglie – non nascondono la soddisfazione. “Siamo soddisfatti della decisione del giudice immediatamente esecutiva”, dichiara sul quotidiano l’avvocato Santangelo che afferma di non sapere se ci sarà appello. Aggiunge solo che se entro 120 giorni il ministero non verserà quanto disposto dal giudice, loro partiranno con i pignoramenti di beni. “Riteniamo – dice – che finalmente si sia fatta giustizia e che, per questo, la famiglia è soddisfatta”.

L’aspirina

Giovanni Ferraro soffriva di problemi al cuore e per un certo periodo beneficiò dei domiciliari prima che la sentenza passasse in giudicato. Poi tornò in cella e, come spiega l’avvocato Santangelo, “fu inizialmente portato prima a Fossombrone e poi a Pisa, e non ci furono problemi. Poi ci fu il trasferimento a Parma dov’era detenuto da qualche mese quando morì. Ferraro proprio per i problemi cardiaci assumeva medicinali per la giusta coagulazione del sangue. In seguito ad un attacco febbrile in carcere gli fu somministrata aspirina che ebbe l’effetto contrario a quello dei medicinali che assumeva: dopo sette giorni morì in cella. Di lì ad un anno sarebbe tornato in libertà per aver espiato la pena”.

La denuncia

I familiari – racconta sempre l’avvocato – denunciarono subito che la sorte del loro congiunto poteva essere diversa. Durante un colloquio la moglie e la figlia verificarono che “il familiare stava male, non era in sé, vaneggiava”. Così il legale fu subito informato per telefono delle condizioni di Ferraro e contattò di conseguenza il magistrato di sorveglianza di Bologna, competente per Parma, “il quale dispose degli accertamenti”. Si fecero delle analisi al boss in laboratori esterni dopo avergli prelevato il sangue in carcere. Ma dopo alcuni giorni Ferraro morì.

L’avvocato precisa che nel proporre la denuncia contro il ministero della Giustizia sono state allegate anche consulenze mediche che secondo loro dimostravano che Ferraro non fu curato al meglio. Adesso le richieste dei legali e della famiglia sono state accolte e “il ministero dovrà risarcire i danni alla moglie e ai tre figli di Ferraro”.

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