Disastro Franceschini, direttori Musei selezionati con prove orali via Skype

di Antonio Menna

Esame orale svolto a porte chiuse, senza sorteggio delle domande, senza affissione del voto dopo il colloquio, senza la possibilità per gli altri concorrenti di assistere e valutare la trasparenza e il rigore nella valutazione. È questo il motivo rilevante che ha portato il Tar del Lazio ad annullare la nomina dei direttori di alcune strutture museali italiane importanti (come i musei archeologici di Napoli, Taranto e Reggio Calabria, la Galleria Estense di Modena, il Palazzo ducale di Mantova). Sentenza che ha sollevato un’onda di protesta senza che però si leggessero bene le motivazioni, che appaiono ben più serie di quanto paventato.

Le deroghe

C’entra poco la nazionalità dei prescelti, infatti. Certo, tra le censure del Tar c’è anche la mancanza, tra le varie deroghe del decreto, di un codicillo esplicito sui criteri di legge relativi alla nazionalità. Ma è una piccola questione di forma, che nella sentenza occupa poche righe e appare marginale. Il vero motivo, che emerge con forza dalla lettura delle carte complete del Tribunale, che Tiscali ha potuto fare approfondendo gli atti, è una procedura selettiva ritenuta “magmatica”: opaca, confusa e non del tutto trasparente, al punto da ledere il diritto degli esclusi, in particolare due ricorrenti.

Il colloquio orale

Nel mirino, come detto, soprattutto le modalità di svolgimento del colloquio orale. Uno dei ricorsi è stato presentato da Francesco Sirano. Ammesso, dopo la valutazione dei titoli, tra i primi dieci, è stato inserito nella terna per Paestum e poi “non scelto” per la guida del Parco, affidata – peraltro fino a oggi con ottimi risultati – a Gabriel Zuchtriegel (contro il quale il ricorso è stato parzialmente inficiato da un difetto di notifica). Sirano, con i titoli, ottiene 76 punti. Ma al colloquio orale viene messo da parte. Escluso. Gli altri sono andati meglio di lui? Evidentemente, sì. Ma in cosa? Non ha potuto saperlo. Erano sostanzialmente prove a porte chiuse, che il Tar ha ritenuto non adatte, in termini di procedura, ai criteri di trasparenza.

Imparzialità e buon andamento

“I principi di imparzialità e buon andamento di cui all’articolo 92 della Costituzione – si legge nella sentenza – implicano che l’amministrazione agisca sempre nel rispetto di elevati standard di trasparenza. L’effettuazione del colloquio a porte chiuse ha contraddetto le suddette esigenze“. “Occorre – si legge ancora negli atti del procedimento – che durante le prove orali sia assicurato il libero ingresso al locale ove esse si tengono di chiunque voglia assistervi, in particolare i candidati, anche per verificare di persona il corretto operare della commissione”.

Prove orali via Skype

Proprio la mancanza esplicita, nei verbali di esame, di un riferimento al libero accesso, inficia la selezione. Addirittura – rileva il Tar nella sentenza – “ad alcuni candidati è stato concesso di sostenere la prova orale da remoto, attraverso Skype, senza che si evidenziasse nei verbali la presenza di terzi o la possibilità per gli altri di presenziare. Una sorta di esame informale, alla stregua forse di un’azienda privata ma non certo adatto ad un ufficio pubblico, per il quale la normativa prevede una procedura con una trasparenza e una imparzialità assolute.

Contestati i punteggi

Non solo la prova orale, però. Il Tar contesta infine anche il criterio di assegnazione del punteggio, che meritava, secondo il Tar, “una più puntuale e più incisiva manifestazione – si legge nella sentenza – espressione di giudizio da parte della commissione”, che invece è apparsa omissiva rispetto ai dettagli che hanno orientato le motivazioni e le differenze tra i concorrenti, i quali avrebbero avuto diritto a spiegazioni di dettaglio, vista la poca distanza che li separava e che, invece, sono stati esclusi senza in fondo sapere davvero il perché.

Criptiche e involute

Procedura magmatica, motivazioni criptiche e involute, mancanza di trasparenza nei colloqui: non è tanto la nazionalità o il dettaglio burocratico. Nessun tic da dottor sottile ma una censura importante sui criteri di decisione, quella del Tar. Un colpo al cuore a una delle bandiere del Ministro Franceschini che, stamattina, a commento della sentenza, ha detto “non ho parole”. Le trovasse perché qualche spiegazione politica rispetto ad una intera procedura falsata, con un bando scritto male e una selezione imperfetta, forse è necessaria.

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