Sisma: ad Amatrice ancora bare all’aperto tra macerie e resti di defunti

foto Ansa

“Me lo dica lei se questo è un cimitero di un paese civile, entri pure, vada a vedere con i suoi occhi”. Una donna quasi ogni giorno si reca al cimitero di Amatrice, a poca distanza dalla zona rossa, a far visita a un suo familiare morto sotto le macerie del terremoto della scorsa estate. Quando il cancello laterale è chiuso, non si ferma ed entra lo stesso. Incurante dei rischi, si arrampica su un cumulo di macerie e attraversa alcune tombe di famiglia pericolanti. Ci sono una dozzina di feretri a vista che, a quasi sei mesi dal sisma che ha raso al suolo Amatrice e profanato il suo camposanto, sono ancora lì esposti alle intemperie. Le bare sono in mezzo alle macerie, sopra e sotto. Altre sono ancora dentro ai fornetti, senza lapidi e alcune sono schiacciate all’interno di essi. Le più vecchie, anche di sessant’anni, sono gravemente danneggiate ed è possibile scorgerne il contenuto. La parte sinistra del cimitero, uno dei 21 che si trovano nel comune di Amatrice, è quella in cui le scosse del 24 agosto e del 30 ottobre hanno infierito di più.

Diverse cappelle sono crollate e sono ormai inaccessibili e decine di lapidi sono cadute a terra spaccandosi e mischiandosi. Sotto l’ultimo gruppo di fornetti, in fondo, c’è una cassetta ossario zincata in mezzo al vialetto, è aperta e fuoriescono i resti di un defunto che non ha più un nome.

A Patarico, una delle frazioni di Amatrice colpite dal terremoto, la situazione non cambia. Per raggiungere il piccolo cimitero bisogna attraversare il paese e percorrere una strada sterrata. Il camposanto, a differenza del centro abitato, è gravemente lesionato, come gli altri. Anche qui ci sono sarcofaghi a cielo aperto, fornetti aperti, cassette di zinco tra le macerie, lapidi divelte. Il terremoto ha spostato anche la grossa pietra che copriva l’ossario, ha completamente distrutto alcune tombe di famiglia e ne ha risparmiate altre, e anche qui si rischia la vita se si oltrepassa il cancello. Lo stesso scenario lo ritroviamo a Sommati e Sant’Angelo. A Torrita, un’altra frazione di Amatrice, il camposanto è proprio lungo la Salaria. Il cancello è chiuso con catena e lucchetto, c’è affissa l’ordinanza comunale che vieta l’ingresso, ma le scosse di terremoto, e le nevicate delle scorse settimane, hanno abbattuto la parte destra del muro di cinta, perciò è possibile entrare. Dentro ci sono ancora bare a cielo aperto e lapidi in pezzi.

A lanciare l’allarme nei giorni scorsi era stato il sindaco Sergio Pirozzi citando una relazione dei suoi tecnici che parlava di “centinaia di feretri” ancora ricoverati in strutture pericolanti e “decine esposti all’aperto”. “Durante i sopralluoghi svolti nei cimiteri prima delle scosse del 18 gennaio – aveva detto il sindaco di Amatrice – non si erano ravvisati problemi sanitari, ma in questi giorni si è evidenziato un peggioramento generale della situazione”. Per fare fronte all’emergenza, che con l’arrivo della primavera e dell’estate potrebbe diventare un grosso problema, e non solo per l’incolumità dei visitatori, il Comune di Amatrice, insieme a Caritas, Asl e Diocesi di Rieti, sta pianificando l’adozione di soluzioni temporanee per ricoverare le bare in attesa di nuovi cimiteri. Si parla di container da adibire a loculi, strutture che prima d’ora non erano mai state progettate in Italia. ANSA

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