“Papà dammi i soldi per la molotov”, ritratto del bamboccione antifascista

Mamma, io esco a fare la rivoluzione!!”
Va bene, ma hai messo la maglia di lana?”
Pensate sia un dialogo surreale? Non lo è.

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di Giampaolo Rossi

Nei giorni in cui in Italia scoppia la polemica per la figlia del ministro Padoan a capo dei cortei di clandestini e in America i nipotini di Soros mettono a ferro e fuoco Università e quartieri, picchiando, distruggendo e impedendo ai “fascisti trumpisti” di parlare “per difendere la democrazia” da un Presidente eletto democraticamente, in Germania il settimanale Bild pubblica i dati di una ricerca realizzata dal BfV (l’Ufficio Federale per la Protezione della Costituzione) uno degli organi dell’intelligence tedesca.
La ricerca riguarda i reati a sfondo politico commessi a Berlino nel periodo 2009-2013, città dove la violenza politica negli ultimi anni è salita vertiginosamente; in tutto 1523 reati, la maggior parte dei quali compiuti dall’estrema sinistra.

IDENTIKIT DEL BAMBOCCIONE ANTIFASCISTA
Papà scusa, mi dai la paghetta che devo comprarmi una molotov?”
Tieni ma non spenderti tutto come tuo solito!”.

antifascista1

La ricerca del BfV traccia un identikit socio-antropologico dell’estremista di sinistra colpevole di reati politici; e il dato più eclatante (e più divertente) è che il 92%  di loro vive ancora con mamma e papà.
Si, avete capito bene: i campioni della rivoluzione, gli eroici antifascisti, i nuovi partigiani rimangono inguaribili mammoni.
Sembrano cattivi, spietati, ideologicamente motivati, ma sotto le loro tute nere, i cappucci e la kefiah, batte “nu piezz’ ‘e core”; perché loro, tra un sampietrino e una spranga, uno slogan e una bandiera rossa, non schiodano dall’uscio domestico e si divertono a fare la rivoluzione con i soldi di papà.
Predicano di abbattere le frontiere delle nazioni (retaggi borghesi e imperialisti) per accogliere immigrati e clandestini ma si tengono bene alzate quelle di casa propria.

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Secondo la ricerca, l’identikit del bamboccione antifascista germanico colpevole di reati politici è questo: maschio (84%), di età compresa tra i 18 e 29 anni (72%), studente o disoccupato (uno su tre), con istruzione bassa (34% scuola media, 29% diploma).
I reati commessi dal bamboccione antifascista sono violenza, aggressione, incendio doloso, resistenza a Pubblico ufficiale; più raro il tentato omicidio.
Il suo obiettivo sono per lo più persone fisiche (60%), prevalentemente poliziotti ma anche un 15% di avversari di destra.

FIGHETTI O BAMBOCCIONI
“Mamma esco, vado a spaccare la testa ad un nemico del proletariato”
“Va bene, ma ricordati di prendere il latte quando rientri, sennò domani niente colazione!”

Il bamboccione antifascista è una figura ancora più ridicola del radical-chic; è la sua involuzione antropologica. È il prodotto narrativo di una società che trasferisce la noia nella politica.
Il bamboccione è carico di odio per il mondo perché incolpa il mondo del proprio fallimento; è un walking dead che si muove in gruppo perché da solo non ha alcuna consapevolezza di sé: in pratica è solo un nickname.
Se il fighetto radical chic è un dandy ideologico, ricco e ipocrita e cattivo che copre con l’odio ideologico il senso di colpa per il suo benessere (di cui spesso non ha alcun merito), il bamboccione antifascista è il sottoprodotto di una modernità neanche liquida ma liquefatta. Mamma e papà non rappresentano il valore della famiglia, il legame fondante di un ordine naturale, ma solo l’area di parcheggio tra la Play Station e la rivoluzione.

Tra il bamboccione di Berlino, lo studentello intollerante dell’Università liberal americana, il “rivoluzionario al cachemire” del Mamiani e la figlia di un ministro che guida i cortei di clandestini, si trova le stesse ridicola contraddizione: “Ci chiamano banditi, ci chiamano teppisti, ieri partigiani, oggi antifascisti”. E figli di papà…

blog.ilgiornale.it/rossi

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