Turchia: la giornalista impiccata aveva lavorato per l’ONU e indagava su Isis

Tre passeggeri russi avrebbero scoperto il suo corpo senza vita in una toilette, impiccata coi lacci delle scarpe nei bagni dell’aeroporto Ataturk, a Istanbul.

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La versione non convince affatto chi la conosceva e aveva lavorato con lei, tanto piu’ che il suo predecessore in Iraq, Ammar al-Shahbander, era stato ucciso cinque mesi fa proprio a Baghdad con un’autobomba. E giusto a giugno la Sutton – che in passato aveva lavorato all’Onu, alla Fao a Roma e anche come producer della Bbc dal ’98 al 2000 – aveva espresso il timore di essere finita nel mirino del terrorismo, soprattutto per le sue ricerche sulla violenza contro le donne da parte dei miliziani dell’Isis, su cui stava scrivendo una tesi di dottorato.

Per non parlare delle sue amicizie curde, di certo non ben viste dalla Turchia di Recep Tayyip Erdogan, dove la sua morte – a poche settimane dal voto del 1 novembre – rischia di creare un vero e proprio ‘caso’.
“E’ molto difficile credere che la mia collega e viaggiatrice di lungo corso Jacky Sutton sia morta suicida”, ha denunciato su Twitter Sudipto Mukerjee, che lavora in un programma Onu. “Non sono affatto convinta che si sia suicidata.

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Assolutamente c’e’ bisogno di un’inchiesta”, gli ha fatto eco Susan Hutchinson, che lavorava con la Sutton come ricercatrice nel Centro di studi arabo-islamici dell’Universita’ Nazionale Australiana di Canberra. “Spero che il Foreign Office possa avere pieno accesso per condurre un’inchiesta adeguata sulle circostanze della sua morte”, ha aggiunto, secondo quanto riferiscono i media britannici. “Serve un’indagine internazionale e non solo locale”.

Anche l’Iwpr sembra incredulo e domanda chiarezza. “Jacky era tra i maggiori professionisti che lavorano in Iraq e aveva dedicato quasi 10 anni della sua vita ad aiutare il Paese”, ha ricordato il direttore esecutivo della ong, Anhtony Borden.
“Era estremamente brillante, molto competente e assolutamente in grado di gestirsi in ambienti difficili. Siamo totalmente sconvolti”.
Un altro collega e amico, Christian Bleuer, e’ ancora piu’ esplicito. “Era la donna piu’ tosta che ci sia. Non credo alle copsirazioni ma se i turchi dicono che la videocamera di sorveglianza dell’aeroporto non funcionava, allora Jacky Sutton e’ stata uccisa“, ha scritto su Twitter.

Jacky Sutton aveva un lunghissimo curriculum di soggiorni in zone ‘calde’; tra i viaggi che l’avevano segnata di piu’, a suo dire, vi erano i 5 anni trascorsi in Eritrea, dal 1995, definiti da lei stessa “un’esperienza che ti cambia la vita”.
“Sono stata arrestata come spia e deportata”, racconta in un video pubblicato online dopo la sua morte dall’amica Amanda Whitely, dove spiega di aver anche sofferto di un disturbo post-traumatico da stress dopo il rientro a casa. Proprio alla Whitley aveva confessato in un messaggio email dal Kurdistan iracheno di temere per la sua vita. “Sono in hotel in questo momento, uno di basso profilo” con “una stanza e un bagno sopra l’ufficio con una sola porta per entrare e uscire”, scriveva da Erbil. “Cosi’ se arriva qualcuno non invitato, sono intrappolata. I miei amici curdi dicono: basta un solo pazzo che, nelle preghiere del venerdi’, senta dire che uccidere uno straniero e’ fare la guerra santa e in un attimo verra’ a bussare alla tua porta”. (AGI)

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