Lo Stato (noi) paga 3 miliardi l’anno ai bankster a causa di derivati sbagliati

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“Tre miliardi di euro l’anno pagati alle banche di affari, non destano nessun allarme? Chi ha sbagliato –  dal 1994 – a stipulare contratti capestro sulla pelle del Paese, degli esodati e dei giovani senza futuro per favorire le banche di affari – che col sistema collaudato di porte girevoli con il ministero dell’Economia, hanno ricambiato i favori – ed ingrassare i banchieri, deve andare a casa ripagando i danni e qualora non avesse tale sensibilità, deve essere immediatamente dimissionato dal capo del Governo”.

Crisi. Unimpresa: boom di derivati in Italia, in 2012 +7% a 124 miliardi

E’ quanto affermano Elio Lannutti presiente di Adusbef e Rosario Trefiletti presidente di Federconsumatori. “E’ intollerabile parlare di 3 miliardi di euro l’anno sottratti alla fiscalità generale, come ha fatto oggi la responsabile del debito pubblico Maria Cannata in una intervista, come fossero bruscolini.

Si tratta – ha testualmente affermato in una intervista – di un costo di 3 miliardi circa l’ anno, cioè del 3,5 – 3,7% del costo complessivo della gestione del debito che è di circa 80 miliardi l’anno, ma ci rendiamo conto del danno? Ed è una spesa già prevista nelle proiezioni del Def!. Non ci sono allarmi da assecondare, non ci saranno né buchi né sorprese, ha detto! Come se 3 miliardi di euro l’anno buttati così fossero quattro monetine.

“Ed è scandaloso – evidenziano Lannutti e Trefiletti – che tali piccoli ed inamovibili oligarchi incollati alle poltrone possano tenere all’oscuro il Parlamento, che approva i pubblici bilanci con legittimi sospetti di falsità, sulla genesi dei contratti con banche e banchieri ‘amici’, costati nel quadriennio 2011-2014 ben 15,3 miliardi di euro (mentre altri Paesi come Francia, Belgio ed Irlanda, dai derivati hanno guadagnato almeno 5 miliardi di euro), negando la necessaria trasparenza ai rappresentanti del popolo italiano e dei cittadini consumatori, per presunte ‘informazioni sensibili volte ad evitare la speculazione sui nostri titoli’, senza invocare un segreto di Stato”.

Ora, Adusbef e Federconsumatori in una lettera indirizzata al Capo del Governo, chiedono “di conoscere i dirigenti del Tesoro che si sono assunti la responsabilità di stipulare contratti capestro con le banche di affari per 160 miliardi di euro, in controtendenza con le tutte stime ed analoghe concordanti previsioni economiche sulla discesa dei tassi, con perdite potenziali (mark-to-market) negativo per almeno 42 miliardi di euro, quali convenienze abbia avuto il Paese da tali scelte dannose e scellerate”, chiedendo “l’adozione di misure urgenti verso tutti quei responsabili, che non possono continuare a farla franca, dopo aver prodotto danni enormi all’erario ed ai tartassati consumatori- contribuenti”.

“I consumatori e le famiglie strangolati dalla crisi sistemica prodotta dai banchieri, vessati e perseguitati dal fisco e da una pressione fiscale insostenibile, oltre a pretendere che i pubblici dirigenti che sbagliano vengano cacciati, oltre al diritto sacrosanto ad essere informati, invocano la necessaria trasparenza su contratti capestro stipulati con le banche di affari per pagare i lauti pasti dei banchieri, la cui segretezza propria delle cosche e delle attività criminali, confligge con il dovere di conoscenza e legalità” concludono Lannutti e Trefiletti.

Redazione Milano – IL NORD

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Per rinfrescare la memoria  Prodi e Ciampi truccarono i conti per entrare nell’euro e la Germania lo sapeva

Il ministero del Tesoro non ha mai chiarito perché Monti, appena nominato da Napolitano, si affrettò a rimborsare a Morgan Stanley nel gennaio 2012, contratti derivati con un esborso di 3,1 miliardi di euro.

Il “Sole24ore” fa l’elenco dagli anni ’90 (i  contratti furono infatti stipulati  dagli anni ’90 per ottenere cospicui anticipi di denaro e consentire quindi l’ingresso dell’Italia nell’euro, difatti le prime operazioni sono state avviate nel 1996, quando al governo c’era Romano Prodi. ) dei dirigenti, ministri del tesoro  e tecnici che potrebbero aver firmato quei contratti-capestro: : Mario Draghi, Domenico Siniscalco, Giuliano Amato, Carlo Azeglio Ciampi, Giulio Tremonti e Tommaso Padoa-Schioppa (grande sostenitore delle liberalizzazioni e del “cancro finanziario” inventato da Greenspan, cioè i derivati). Quest’ultimo oggi è deceduto, Draghi è presidente della BCE, Siniscalco è vicepresidente proprio di Morgan Stanley (che strano…), Amato è alla Consulta, Ciampi e Tremonti attualmente non hanno cariche.

A questa lista aggiungeremmo il banchiere Piero Barucci (ministro del Tesoro proprio nel 1994) e Lamberto Dini

C’è da dire che Tremonti voleva addirittura vietare i derivati, motivo per cui fu pesantemente attaccato perfino dalla Gabanelli in un lungo articolo sul Corriere

Ma leggiamo che cosa scriveva Adusbef  nel giugno 2013

DERIVATI: NESSUN DANNO PER IL TESORO. MA LE PERDITE CI SONO STATE PER OLTRE 3 MILIARDI DI EURO. LA PROCURA DI ROMA SAPRA’ CHIARIRE L’ENIGMA ?

Ieri il ministro Saccomanni, per difendere la linea del Tesoro che aveva ristrutturato nel 2012 ben 30 miliardi di titoli derivati, stipulati alla fine degli anni ’90 per ottenere cospicui anticipi di denaro e consentire quindi l’ingresso dell’Italia nell’euro, ha affermato: “Non c’è nessun aggravio sui conti pubblici”.

Al Tesoro non sanno che titoli già in perdita, hanno aggravato il calo con la “ristrutturazione” e “rinegoziazione”, le quali secondo stime di analisi quantitative, sarebbero arrivate a superare gli 8 miliardi, di cui 1,6 miliardi attribuibili ad un solo contratto swap, quello che quando è stato stipulato poco più di un anno fa dall’ex direttore Generale del Tesoro Vittorio Grilli, mostrava l’82% di probabilità di generare ulteriori oneri per lo Stato ?

A giudicare dalle perdite riportate per gli altri contratti, anche negli altri casi le probabilità di perdita si aggiravano per tutti tra il 70% ed il 90%. Queste stime sono state ottenute usando l’armamentario di analisi quantitativa tipico dei mercati finanziari, che era presente nel regolamento sull’utilizzo di derivati da parte degli enti locali voluto dal Ministro Padoa Schioppa e bloccato poi da Tremonti, nonché promosso dalla Consob sino all’arrivo di Vegas – guarda caso viceministro di Tremonti all’epoca del Governo Berlusconi – e poi non più.

Si ipotizza che sia stato ristrutturato un derivato precedentemente sottoscritto con scadenza 2036, con il nuovo che avrebbe assorbito la perdita del vecchio strumento, spalmandola su un numero inferiore di anni. Ma quale scopo assicurativo può avere un derivato che perde quasi il 34% del valore nominale ? Il Tesoro nella nota di ieri non ha contestato i dati sulle perdite latenti al 20 giugno, -26% sul nozionale, nè che molti contratti riscritti – primo lo swap da 3 miliardi scadenza 2036 – accorciano le scadenze, quindi anticipando i pagamenti per l’erario, si riflettono negativamente sui conti pubblici, come il contratto scadenza 2036 che anticipa pagamenti negativi attesi dal 2016, con flussi di 400 milioni l’anno che l’Italia sta pagando, e non avrebbe pagato senza la “ristrutturazione” del 2012 (grazie governo Monti!!).

Perché il Tesoro non chiarisce perché rimborsò a Morgan Stanley nel gennaio 2012, contratti derivati con un esborso di 3,1 miliardi di euro ? Adusbef e Federconsumatori, nell’interesse dei vessati cittadini, in esposti denunce inviati alle Procure della Repubblica, hanno chiesto che venga fatta piena luce sui misteriosi derivati stipulati con alcune banche di affari, che sono le solite banche di riferimento del Tesoro, utilizzate come porte girevoli da illustri ex direttori generali e perfino ex ministri dell’Economia.

27/06/2013

Infine, per andare piu’ all’origine, riprendiamo un’ANSA del 2012

Fu chiesta da Morgan Stanley la chiusura dello swap sui tassi d’interesse aperto dall’Italia nel 1994 (governo Ciampi) e terminato lo scorso gennaio con una perdita di 2,57 miliardi di euro dal Tesoro: lo scrive il Financial Times, secondo cui la banca d’affari, fra quelle che hanno venduto negli anni ’90 i maggiori quantitativi di derivati al governo italiano, avrebbe fatto ricorso a una insolita clausola legale, relativa a “ulteriori eventi di rescissione”, scritta nel contratto sottoscritto da Roma. E lo avrebbe fatto quanto, grazie al meccanismo dello swap sui tassi d’interesse, sul contratto stava “facendo soldi”.
Come dichiarato nei giorni scorsi da Marco Rossi Doria, il sottosegretario all’istruzione che ha risposto a un’interrogazione parlamentare sul merito, la clausola in questione fu un caso unico e non e’ presente in nessun altro contratto sottoscritto dal Tesoro.
Il valore nozionale dei derivati sul debito pubblico sottoscritti dalla Repubblica italiana si attesta a 160 miliardi di euro, circa il 10% dei 1.624 miliardi di debito pubblico della Penisola, come dichiarato dallo stesso Rossi Doria. Secondo la Bloomberg, agli attuali valori di mercato l’Italia avrebbe una perdita di 31 miliardi di dollari. (ANSA).

 

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