Mega-speculazioni sulle popolari prima dell’annuncio della riforma

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Mario Gerevini per il “Corriere della Sera”

Voci, segnali, indiscrezioni, indizi, generici nei contenuti, più precisi nel luogo geografico: Londra. Qui si sarebbe concentrata un’intensa attività sui titoli di alcune banche popolari quotate in Borsa nei giorni precedenti l’annuncio e il varo della riforma. Dieci gli istituti che dovranno trasformarsi in spa, sette sono sul listino di Piazza Affari tra cui i due big Banco Popolare e Ubi Banca, e tutti hanno preso il volo alle prime notizie sulla riforma. Londra, dunque, una delle piazze finanziarie più importanti del mondo, con il London Stock Exchange che sette anni facomprò la Borsa Italiana.

Attività anomala sulle Popolari? Movimenti che potrebbero perfino far sospettare un caso di insider trading?

Spingersi troppo in là non ha senso dal momento che modalità, confini e circostanze delle operazioni non sono noti. Si sa però, sulla base di convergenti fonti di mercato, che alcuni soggetti con base a Londra avrebbero creato posizioni anche rilevanti in azioni delle banche popolari nei giorni e nelle ore precedenti le prime circostanziate indiscrezioni (quindi prima delle 17.30 di venerdì 16 gennaio) sul decreto di riforma che abolisce il voto capitario nelle Popolari, ossia il principio di «una testa un voto» per cui tutti i soci sono uguali a prescindere dalle azioni possedute.

Considerando l’effetto dirompente che la notizia ha avuto sul mercato a partire da lunedì 19 gennaio, con rialzi a due cifre di tutte le banche coinvolte, è evidente quanto siano stati abili gli «accumulatori» di pacchetti. A fine settimana, nonostante le prese di profitto di ieri, il Banco Popolare, per esempio, registra un balzo del 21%, Ubi del 15%, la Popolare Emilia del 24% e Banca Popolare di Milano del 21%. E non sono titoli sottili che si muovono con un paio di ordini fuori prezzo.

Ma lo scatto più spettacolare è quello della Popolare Etruria e Lazio di cui è vicepresidente Pier Luigi Boschi, il padre del ministro per le Riforme Maria Elena Boschi: +65%. È plausibile, dunque, che quelle posizioni «londinesi» siano state prontamente smontate con i titoli scaricati sul mercato approfittando da una parte dei rialzi e dall’altra dagli enormi volumi di scambio che garantiscono maggior copertura.

Secondo una delle fonti interpellate, alcune posizioni in carico a intermediari londinesi non erano effetto di precedenti operazioni di trading sul mercato ma un accumulo di portafoglio dei clienti.

È la tempistica delle operazioni, comunque, l’aspetto più delicato se davvero si riuscirà mai ad accertarne la consistenza e individuare intermediari e beneficiari. Si sa che l’utilizzo di schermi e lo schema delle sponde in paradisi fiscali spesso frena le verifiche, anche quelle della Consob. La quale per adesso è impegnata negli accertamenti preliminari sull’operatività dei titoli delle Popolari, sia a monte sia a valle delle notizie sulla riforma. Di più le fonti della Commissione non aggiungono. Ma il famoso «faro» della Consob è acceso. La luce potrebbe «tirare» fino a Londra e più che a valle potrebbe guardare a monte.

«Brillano le Popolari», si leggeva nei resoconti di Borsa del 15 gennaio; «salgono i bancari a cominciare dalle Popolari», scrivevano le agenzie il 16 mattina. Poi poco prima delle 18, a Borsa chiusa, i flash: «In arrivo norme per riforma Popolari». Il provvedimento entra il 20 gennaio nel decreto battezzato «Investment compact». Provvedimento che era originariamente contenuto nel disegno di legge Concorrenza, in fase di messa punto al ministero per lo Sviluppo economico, e dunque destinato a seguire il normale, e lungo, iter parlamentare. Il premier Matteo Renzi ha però giocato a sorpresa d’anticipo prelevando un articolo del ddl, sull’abolizione del voto capitario, per trasferirlo nel decreto Investment compact, in cui ha preso la forma di un lungo articolato.

Prima delle 18 di venerdì chi e quanti ne erano a conoscenza? Come si è sviluppato l’iter tecnico che ha portato al varo di quel testo? Il contenuto era altamente price sensitive con l’addio al voto capitario e l’obbligo di trasformazione in società per azioni. Per quante mani è passato il testo? Raramente un provvedimento legislativo ha avuto un impatto così immediato e violento su una parte del listino. E mentre la norma prendeva forma, a Londra qualcuno preparava le munizioni per la grande speculazione. Si vedrà se c’è un nesso.

Di sicuro chi si è mosso l’ha fatto con grande accortezza o anticipo, visto che non si sono visti strappi significativi di volumi (tranne Banca Popolare di Milano, parzialmente) e prezzi nella settimana precedente l’annuncio. Poi da lunedì 19 il grande rialzo e scambi in alcuni casi decuplicati.

mgerevini@corriere.it

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