Greta e Vanessa, esposto del Codacons: il riscatto finisce alla Corte dei Conti

La liberazione di Greta e Vanessa, le due cooperanti rapite in Siria lo scorso 31 luglio e tornate in Italia dopo 5 mesi e mezzo di prigionia, potrebbe aver arrecato un danno alle casse dello Stato. È questa l’ipotesi ventilata dal Codacons in un esposto presentato ieri alla Procura della Corte dei conti del Lazio.

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L’associazione dei consumatori ha ritenuto «necessario, opportuno e doveroso portare all’attenzione della Procura contabile e del ministro Paolo Gentiloni una situazione assai grave legata al rapimento di Vanessa Marzullo e Greta Ramelli e alla loro successiva liberazione, poiché dietro la stessa potrebbero celarsi possibili responsabilità e illeciti fonte di danno erariale». «L’associazione manifesta grande soddisfazione per l’avvenuta liberazione delle due ragazze italiane – si legge nell’esposto – ma ritiene al contempo necessario e doveroso che venga accertato se una qualunque fonte di finanziamento pubblico sia stato investito per riportarle a casa e, in caso affermativo, di che importo si tratta». Secondo quanto riportato dall’account Twitter @ekhateb88, ritenuto vicino ai ribelli anti-Assad, sarebbe stato pagato, infatti, un riscatto di 12 milioni di dollari. Il tweet sarebbe stato rilanciato dalla tv satellitare araba Al Aan, con sede a Dubai.

«Non si può non evidenziare – prosegue la denuncia – come Greta e Vanessa, nonché l’associazione onlus Rose di Damasco per cui lavorano le due operatrici lombarde, abbiano potenzialmente esposto loro stesse e l’intero Stato italiano a una situazione di rischio e difficoltà coscientemente con la loro volontaria presenza in un Paese in cui imperversa la guerra civile e con una pesante presenza di terrorismo». Il Codacons, nella persona del suo legale rappresentante pro tempore, l’avvocato Giuseppe Ursini, ritiene fondato l’interesse diretto, concreto e attuale dei consumatori/contribuenti alla conoscenza dell’effettiva destinazione dei fondi pubblici e del corretto utilizzo per fini essenziali alla collettività. Per questo ha chiesto all’autorità contabile di «accertare, anche attraverso l’ausilio della Guardia di Finanza, se la liberazione delle due cooperanti abbia determinato un danno erariale per le casse dello Stato, sottoforma di riscatti, attraverso stanziamenti pubblici o atti di qualsiasi altra natura» e di verificare «le responsabilità dei soggetti coinvolti nei confronti dell’erario».

La Procura contabile per il Lazio al momento non ha aperto un fascicolo d’indagine sulla vicenda. Il procuratore capo Raffaele De Dominicis dovrà prima accertare se ci sia stato un esborso di denaro pubblico e poi verificare se sia legittimo o meno. Se non c’è la spesa, infatti, non ci può essere il danno. In sostanza, fino a quando non si trova la prova del pagamento del riscatto, si tratta solo di illazioni.

L’esposto contiene anche una diffida al ministro degli Esteri Paolo Gentiloni «a intervenire tempestivamente, rendendo noto se e quale importo è stato corrisposto a titolo di riscatto per la liberazione delle due cooperanti; verificando tutti i contatti tenuti in Siria dalle due ragazze e accertando con definitiva chiarezza il ruolo avuto nella vicenda».

Il Codacons chiede ufficialmente al responsabile della Farnesina di controllare tutte le missioni avviate dalle organizzazioni onlus italiane nei Paesi a rischio «allo scopo di bloccare operazioni che in modo evidente possano mettere in pericolo la salute degli italiani impegnati su tali fronti ed evitare comportamenti pericolosi e non idonei come quelli tenuti dalle due cooperanti rapite».

Valeria Di Corrado – il tempo

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