Schiavismo rosso pomodoro

immigrati_stagionali

 

Sono qui in gran parte con permesso di soggiorno e un contratto di lavoro i nuovi schiavi dell’immigrazionismo, lavorano per 4/5 euro e molti sono vittime del caporalato. Sono i nuovi schiavi ,detti anche ‘lavoratori stagionali’, presi dal grande bacino degli importati ad hoc per essere poi impiegati in tutta Italia, laddove servano e nei piu’ disparati settori.

In Basilicata, vengono usati e sfruttati nell’area del Vulture-Alto Bradano dove 300 aziende producono pomodoro su 1.500 ettari di terreno.

In Emilia Romagna vengono usati e sfruttati per la raccolta della frutta -nelle aziende agricole che ancora la raccolgono – visto che non conviene più a causa del ‘taglieggiamento’, ovvero quel mercato usuraio praticato dai centri di raccolta (i Cie della frutta) Terremerse degli Errani e Coop, i buonisti che  favoriscono l’immigrazione clandestina, pagando esattamente la metà dei reali costi di produzione dell’azienda, malgrado la ‘mano d’opera a basso costo e il versamento dei contributi sia ormai un optional.

La chiamano globalizzazione. I nuovi schiavi ‘rossi pomodoro’ sono tutti stranieri, vivono in casolari abbandonati o nelle tende. A Imola, tra l’Emilia e la Romagna vivono in migliaia tra ettari coltivati a frutteto e vigneto e questa estate durante, la raccolta della frutta, abbiamo visitato – a campione- una azienda agricola, prendendo atto che su 20 lavoratori impiegati, tre soli erano italiani di cui due pensionati e un giovane disoccupato, tutti gli altri erano albanesi.

I nuovi schiavi sono pagati al massimo 5 euro lordi all’ora. Da questa cifra molti di loro devono togliere le spese di viaggio (in Basilicata arrivano soprattutto dalla Campania) che incidono per almeno 1 ora di lavoro. Inoltre, c’è il pizzo del caporalato, ops, le royalties del manager come direbbero a Londra, insomma quella figura – quasi sempre un connazionale – che fa da link tra gli schiavi e i ‘datori di lavoro’ ed ha il compito di organizzare le squadre e il loro trasporto,  ‘guadagnando’ un tot a cassone.

Abbiamo provato a chiedere ad alcuni imprenditori agricoli: “perchè non fate lavorare i tantissimi disoccupati italiani?'”. La risposta è stata perentoria e già la conoscete: “non vogliono fare certi lavori”.  Forse perchè 5 euro sono pochi per un lavoro? Ribattiamo… La prontissima risposta: “e voi non credete che quello che i centri di raccolta (Terremerse in E.R. e le Coop) ci pagano, sia solo la metà dei costi di produzione?

Ad esempio? “Un prodotto tra i più coltivati nell’imolese è la pesca nettarina. Produrla ci costa dai 40 ai 45 centesimi di euro e sa quanto ci danno? Ci danno 22 centesimi!”. Quindi è la storiella del cane che si morde la coda…ribattiamo noi. “No! Non ci mordiamo la coda, ci mordiamo l’un l’altro come dei cani randagi”. Ovviamente le Istituzioni preposte non controllano e, se e quando lo fanno, chiudono un occhio; nella maggioranza dei casi li chiudono tutti e due.

@Armando Manocchia – 29 novembre 2014

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