Emanuela Orlandi, 31 anni di misteri e di silenzi

EmanuelaOrlandi

Pino Nazio
Il segreto di Emanuela Orlandi
Casa editrice Sovera

Lunedì 14 maggio 2012, la lapide che copre il sarcofago di Enrico De Pedis viene alzata. I resti del capo della banda della Magliana sono lì da 20 anni, in molti pensano che siano vicini a quelli di Emanuela Orlandi, scomparsa il 22 giugno del 1983. La ragazzina, figlia di un commesso del Papa e cittadina vaticana, sparì misteriosamente tra i vicoli del centro di Roma. Indagini, rivelazioni, depistaggi e decine di ipotesi: intrigo internazionale o ricatto interno al Vaticano, festini sessuali o maniaco isolato? Una vicenda ambigua, oscura ma che, se si mettono in relazione alcuni fatti salienti, rivela un chiaro disegno. L’analisi oggettiva di quanto è accaduto in questi 30 anni è servita all’autore -che ha incontrato decine dei protagonisti, visitato tutti i luoghi, raccolto testimonianze inedite- per proporre una ricostruzione che permette di leggere questo libro come la trama di un romanzo e la documentazione di un saggio.


INTERVISTA A PINO NAZIO, MERCOLEDI’ 19 NOVEMBRE 2014 (a cura di Luca Balduzzi)

Il racconto prende il via dall’ultimo tassello, in ordine di tempo, dell’inchiesta sulla vicenda: l’apertura della tomba del boss della banda della Magliana Enrico De Pedis, sepolto nella chiesa di Sant’Apollinare di Roma, con l’idea che Emanuela Orlandi potesse essere stata sepolta assieme a lui… in quale scenario complessivo è plausibile il coinvolgimento di De Pedis nel caso, e si spiega la sua sepoltura in una chiesa?
E perché, fra tutte le ipotesi sollevate sui possibili mandanti ed ideatori, sui possibili moventi e sui possibili esecutori del rapimento, è questo lo scenario che a tutt’oggi si dimostra come il più attendibile dal punto di vista della verità storica?

Renato De Pedis l’hanno ucciso in via del Pellegrino a Roma nel 1990, sette anni dopo la scomparsa di Emanuela Orlandi, l’hanno sepolto nella Basilica di Sant’Apolinnare, in un sarcofago come quello di Papa Giovanni XXIII. Nel 1997 hanno denunciato quella indegna sepoltura senza che nulla accadesse. Lo hanno fatto di nuovo nel 2005. Solo nel maggio del 2012 gli uomini della procura di Roma sono intervenuti con i loro periti alla ricerca del corpo della giovane cittadina vaticana, cominciando ad aprire la tomba del boss della Banda della Magliana. Com’era ovvio, contrariamente a quello che sussurrava una “voce di popolo”, Emanuela non era lì. Ma gli elementi che collegano la scomparsa a De Pedis restano tutti. Il libro ricostruisce tutta la vicenda quasi in modo scientifico, naturalmente ci sono delle zone grigie e nere, dove nessuno è mai riuscito a entrare. Questo libro si spinge fino al massimo in ci si possa spingere, rende gli eventi intellegibili, anche quelli più oscuri. I motivi per cui la liberazione non arrivò possono essere molteplici. La lettura aiuta a capirli.

Fra le diverse novità sul caso emerse nel corso degli anni, quella del riscatto è sicuramente una fra le più significative, anche se mai portata a termine. Impedire la liberazione di Emanuela Orlandi era più utile che fare chiarezza in mezzo al polverone (allora) e fare emergere la vera motivazione per cui era stata rapita (adesso)?
Ho tenuto in mano le banconote che sarebbero servite a pagare il riscatto per la liberazione di Emanuela… ma non mi fare dire tutto. Nel corso del mio lavoro, oltre a venire in contatto con investigatori e inquirenti, ho raccolto le confidenze inedite di tanti protagonisti e testimoni. C’è il racconto di chi ha vissuto gli anni in cui, attorno alle finanze vaticane, venivano movimentati miliardi di lire per mantenere la comunità polacca in Italia, durante lo scontro tra il sindacato cattolico Solidarnosc e il regime comunista di Jaruzelski. Ho parlato con il segretario di un potente cardinale che mi ha rivelato i colloqui, mai resi pubblici, tra lui e il responsabile dei Servizi segreti della Santa Sede. Ho avvicinato il prelato che custodisce i segreti della Basilica di Sant’Apollinare. Conosco chi ha scattato delle foto segrete a Karol Wojtyla, chi ha sentito gli uomini di De Pedis parlare del rapimento di una ragazza, chi ha trasportato con Licio Gelli i documenti sulla giovane cittadina vaticana. Nel libro c’è anche la descrizione del “favore che Renatino fece al cardinal Poletti all’epoca”, secondo una famosa telefonata arrivata a Chi l’ha visto?

Negli anni in cui la Rai ha sollevato la maggior parte di queste novità, a partire dal 2005, nessuno dal Vaticano è mai intervenuto, neanche per smentire… improvviso rispetto dell’autonomia dello Stato italiano e del giornalismo, o piuttosto sintomo di quella che poi si rivelerà essere stata una ferrea opposizione al magistero di Benedetto XVI?
L’arrivo di Papa Francesco, nonostante le novità straordinarie che sta introducendo nella vita della Chiesa, non hanno scalfito il Muro di Gomma che si è alzato intorno alla vicenda della cittadina vaticana scomparsa. Proprio questa mattina una delegazione degli appartenenti dell’associazione che chiede “Verità per Emanuela” si è presentata all’udienza papale, ma non ha ricevuto alcun segnale, alcuna considerazione, alcuna risposta. Che la questione sia complicata lo si capisce scorrendo i nomi dei protagonisti. Da Papa Wojtyla a Sandro Pertini, da Roberto Calvi a Paul Marcinkus, da Alì Agca a Renatino De Pedis a Sabrina Minardi.

Perché è così complicato passare dalla verità storica a quella processuale, quando pure sono ancora in vita testimoni che potrebbero raccontare quanto hanno raccontato a lei? E come è possibile che alcuni fra loro non siano neanche mai stati interrogati o chiamati a testimoniare da nessuno?
Nel libro ci sono decine di figure pittoresche o drammatiche -a seconda della lente con cui si osservano- come il pentito della Banda della Magliana, il potente cardinale, l’agente dei Servizi segreti infedele, il dipendente del Vaticano reticente, la testimone impazzita, l’investigatore prigioniero dei fantasmi del passato, il cronista integerrimo, il fratello ostinato, la fotografa ossessionata, il politico corrotto. Tutti personaggi realmente esistiti, ma che non sempre collaborano. E se collaborano, non sempre -dopo oltre 30 anni- possono produrre prove. E se producono prove spesso sono inquinate da depistaggi e omertà. La verità storica e quella processuale non sempre coincidono. E questo perché ci sono ragioni antiche e alcune più recenti. Fin dai tempi dell’Impero romano, congiure, intrighi e, tradimenti hanno attraversato la storia d’Italia. Il Novecento, il secolo breve, ci ha dato venti anni di dittatura che hanno imposto al paese le verità ufficiali, la censura, la repressione, dove l’intero apparato pubblico era impegnato a nascondere e travisare la realtà. Con la breve parentesi della Resistenza, grande momento di sussulto nazionale simile al Risorgimento, l’Italia si è trovata ad essere una terra di confine dove si è combattuta una pagina importante della Guerra Fredda. Per più di quaranta anni hanno operato in Italia intelligence di mezzo mondo, si sono fronteggiati eserciti segreti, la verità è stata spesso celata o piegata alla ragione di una parte. Che non era quasi mai una ragion di Stato. L’Italia è, tra i paesi più industrializzati, quello che ha subito il più pesante attacco alla democrazia con le stragi, il terrorismo, e le grandi organizzazioni criminali. Il fatto che ancora oggi non si possa conoscere la verità su molte vicende è figlio di un secolo di depistaggi.

Come giudica l’atteggiamento di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI nei confronti del caso e degli appelli/petizioni della famiglia? E le presunte informazioni in possesso di Ali Agça, o i segreti del collaboratore di giustizia Vincenzo Calcara che ha scritto a Papa Francesco, potrebbero avere qualche fondamento?
Non credo a una parola del pseudopentito Calcara, anche le procure hanno cominciato a diffidare di lui, credo pochissimo alle straordinarie rivelazioni di Alì Agca che non hanno mai trovano nessuna conferma. Sul destino di questa sfortunata quindicenne si sono accaniti personaggi senza scrupoli, in un momento particolare della storia non solo italiana. Il 1983 è l’anno di uno scontro durissimo tra le due superpotenze Usa e Urss, con il dispiegamento dello scudo spaziale e dei missili intercontinentali, il punto più alto della sfida che culminerà con la caduta del Muro di Berlino, solamente sei anni dopo. È l’anno in cui Papa Wojtyla mette tutta la sua energia, e le finanze vaticane, al servizio della lotta contro il comunismo. L’anno in cui si consuma uno scontro di potere nella finanza che coinvolge il Banco Ambrosiano, travolto da un enorme crack, e lo Ior, l’Istituto per le Opere di Religione. L’anno in cui su Roma estende i suoi tentacoli la piovra della Banda della Magliana, che aveva rapporti intimi con i Servizi deviati, la loggia massonica segreta P2, i politici corrotti, la mafia di Totò Riina e Pippo Calò. L’anno in cui i soldi provenienti dai traffici illeciti e dalla droga agli appalti truccati possono essere facilmente riciclati, presentandosi a uno sportello dentro le Mura Leonine della Città del Vaticano. Tutto questo avrebbe potuto essere compatibile con una operazione trasparenza?

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