Ddl diffamazione: come chiudere la bocca ai giornalisti mandandoli in miseria

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29 ott. – L’Aula del Senato ha approvato con 170 si’, 10 no e 47 astenuti il ddl Diffamazione, che ora torna alla Camera per il via libera definitivo. I giornalisti accusati di diffamazione a mezzo stampa non rischiano piu’ il carcere, ma una pena pecuniaria fino a 50 mila euro. Multa che viene estesa anche alle testate online registrate.

Sono due delle principali novita’ al ddl Diffamazione licenziato questa mattina dall’Aula del Senato. Il provvedimento dovra’ tornare alla Camera per il via libera definitivo. L’interdizione dalla professione giornalistica per sei mesi, inoltre, scattera’ solo in caso di recidiva ‘reiterata’, e non ‘semplice’ come previsto fino ad ora. Il ddl introduce anche il diritto all’oblio e quello di rettifica. Per il primo, l’interessato puo’ chiedere ai siti web e ai motori di ricerca l’eliminazione dei contenuti diffamatori e in caso di rifiuto puo’ chiedere al giudice di ordinare la rimozione.

Per quanto riguarda la rettifica, invece, deve essere pubblicata gratuitamente entro due giorni dalla ricezione della richiesta, senza risposta, senza commento e senza titolo e menzionando titolo, data e autore dell’articolo da rettificare.
L’obbligo di rettifica vale per quotidiani, periodici, agenzie di stampa, per le testate giornalistiche online, che invieranno la rettifica agli utenti che hanno avuto accesso alla notizia cui si riferiscono.

La rettifica non va pubblicata se hanno contenuto suscettibile di incriminazione penale o se sono documentalmente false. “Siamo costretti a votare contro questa legge sulla diffamazione a mezzo stampa, pur consapevoli dell’importanza e dell’urgenza di affrontare il problema, bisogna pero’ coniugare la tutela delle persone con la difesa della liberta’ di stampa”. Lo ha detto in Aula il senatore di Sel Peppe De Cristofaro durante la dichiarazione di voto sul ddl diffamazione. “Purtroppo, invece, questa legge presenta aspetti punitivi ed intimidatori. E’ senz’altro molto positivo aver cancellato la pena detentiva per i giornalisti, tuttavia le sanzioni pecuniarie costituiscono un’arma di ricatto forse ancor piu’ temibile, soprattutto per i giornalisti precari e freelance non legati ai grandi gruppi editoriali. E’ inoltre insensato l’obbligo di rettifica senza diritto di controreplica da parte del giornalista presunto diffamatore”, ha spiegato.

“L’approvazione da parte del Senato del Ddl sulla diffamazione e’ un fatto positivo. Particolarmente significativa e’ la cancellazione del carcere come pena per la diffamazione a mezzo stampa”. Il senatore del Pd Vannino Chiti commenta cosi’ il via libera di palazzo Madama al provvedimento. “E’ un fatto di civilta’, – aggiunge Chiti – cancellare una norma illiberale, residuo del Codice Rocco, che limita fortemente la liberta’ di stampa. E’ un tema sul quale mi sono impegnato nella scorsa legislatura e in quella in corso, insieme ad altri colleghi, anche di altre forze politiche, non senza qualche incomprensione. Un giornalista non puo’ essere privato della liberta’ personale per un articolo che ha scritto o addirittura per responsabilita’ indiretta rispetto a quanto scritto da altri, come nel caso dei direttori di giornale. Andare in carcere per un’idea o un articolo impoverisce la democrazia. E’ giusto invece – come prevede il testo – che si stabiliscano delle pene pecuniarie e che si imponga l’obbligo di pubblicare la rettifica documentata. Un altro aspetto che voglio sottolineare sono le misure introdotte per scoraggiare la querela temeraria: si tratta di un provvedimento a tutela della serenita’ del lavoro del giornalista”. (AGI) .

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