Attacco finale alla sovranità democratica: le Macroregioni

Le Macroregioni sono formate da Stati o parti di Stati che devono collaborare su un piano di parità con i Paesi vicini. Possono essere composte da due o più territori collocati in diversi Paesi ed hanno il compito di affrontare problemi comuni: ambiente, salute, politica dei trasporti, energia, economia interna, turismo e politiche occupazionali e sociali. Questo articolo di orizzonte48  spiega come stiamo per essere sommersi dalla melma nera della fogna che alcuni chiamano UE.

(zitti, zitti, nella “notte” delle Costituzioni democratiche…la “grande società” avanza)

 

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L’assetto che si registrerebbe nelle macroregioni è facilmente prevedibile: spostando su questo governo privatizzato e localista (per quanto allargato) la responsabilità di determinare l’assetto del mercato del lavoro, ed in genere, il co-governo transnazionale della parte essenziale dell’economia, si imporrebbe la immediata (anzi, istantanea) attuazione della correzione dei CLUP e quindi dei livelli salariali “relativi” dell’area interessata, in ogni sua parte “componente”.
In altri termini, le aree italiane (partecipanti alle varie macroregioni), ove poste a diretto contatto con altre aree “core”, dovrebbero necessariamente devolvere alle istituzioni macroregionali, che provvederebbero in forma di accordi deliberativi che bypassano ogni competenza costituzionale e legislativa nazionale, il potere di imporre l’immediata correzione dei livelli salariali che risulti determinata dalla rilevazione delle “pratiche virtuose” della regione più competitiva coinvolta nell’accordo.

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macroregione-adriaticoionica
Tutto ha inizio nel 1980. Ma poi rimane più o meno in sonno per un lungo periodo, in cui da un lato si sviluppano infinite iniziative autonome delle regioni nel quadro “europeo”, dall’altro, i “costruttori” dell’€uropa hanno cose più importanti da fare. Come sapete.
Sta di fatto che la Convenzione di Madrid del 21 maggio 1980 è la base programmatica per la “cooperazione transfrontaliera” che consiste in “ogni comune progetto che miri a rafforzare e a sviluppare i rapporti di vicinato tra collettività o autorità territoriali dipendenti da due o da più Parti contraenti, nonché la conclusione di accordi e intese utili a tal fine. La cooperazione transfrontaliera sarà esercitata nel quadro delle competenze delle collettività o autorità territoriali, quali sono definite dal diritto interno. L’ambito e la natura di queste competenze non sono determinati dalla presente Convenzione“.
Poi l’accelerazione: si inizia a parlare di “Macroregioni”, sull’esempio della cooperazione tra paesi baltici, e si iniziano a gettare le basi per cui le autorità territoriali (regionali) coinvolte, in ambiti ben maggiori che quelli di aree delimitare di due paesi confinanti, si equiparano agli stessi Stati, come INTERLOCUTORI EQUIORDINATI, DI FRONTE ALLE ISTITUZIONI EUROPEE, divenendo sempre meno “dipendenti” dalla stessa legittima configurazione e prevalenza di un interesse nazionale, che viene relegato a “ostacolo” e “problema da superare”.
Si parla apertamente di multilevel governance, in cui lo Stato presta la sua adesione (e come potrebbe opporsi?) allo smembramento della sua unità costituzionale, rinunciando alla cura di settori elasticamente ampliabili degli interessi e dei diritti fondamentali su parti sempre crescenti del suo territorio, e questa “cura” viene affidata a “entità fluide”, senza la creazione di “nuove istituzioni”, ma equiparate a enti con personalità giuridica di diritto privato, che dialogano direttamente con le istituzioni europee e vedono gli Stati come meri partecipanti a processi decisivamente determinabili tra questi due centri di potere (UE e autorità territoriali).
Gli Stati nazionali divengono ufficialmente una “brutta parola”, e il loro ruolo deve essere quello di adoperarsi (guai, altrimenti!) “per superare l’impasse nazionalista, e creare nuove identità transnazionali“.
Notate l’insistenza sulla nuova forma di governance (dello sviluppo economico e sociale delle comunità corrispondenti ai nuovi “feudi”, pardon, macroregioni), sulla invarianza delle risorse (“no a nuovi stanziamenti” di fondi, “no a nuove istituzioni”…pubbliche).
Assemblee di enti (ambiguamente) “privati” (come si vorrebbero sempre più le banche centrali), deliberano, ma sempre nell’ambito della moneta unica, dei suoi limiti finanziari di bilancio, che saranno inevitabilmente sempre più limitati, dado luogo a un concetto dinamico di “risorse esistenti” che saranno sempre meno, grazie al fiscal compact e pareggio di bilancio.
Poteri informali e “fluidi”, per l’appunto, contrattano, collegandosi con varie e indefinite entità private, i risparmi di scala derivanti dalla gestione comune sovranazionale delle risorse pubbliche – sempre più dipendenti da “fondi europei”, ma di entità “invariabilmente invariata”-.
Naturalmente, anche se non lo dicono, tutto deve realizzarsi nella unità del mercato fortemente competitivo, nel crescendo, transfrontaliero, della correzione gold standard tra le bilance dei pagamenti di Stati diversi (cioè l’austerità espansiva intraUEM) e, dunque, sviluppando più efficientemente, in nome della vicinanza territoriale, la nuova identità che permette di meglio attuare, “solidaristicamente”, deflazione salariale e delocalizzazioni, senza incontrare la resistenza di governi ormai preda dello scontento elettorale delle comunità nazionali impoverite.
Sarà (lo scontento degli impoveriti) un problema di “altri” (il resto della ex comunità nazionale): le macroregioni potranno partire alla gestione semiprivata della gara per la competitività…tra macroregioni. Riproponendo, su basi meno capaci di opporre resistenza, e meno avvertite socialmente, grazie allo spezzettamento definitivo dell’interesse nazionale, la prevalenza delle “best practices” del paese più forte, già sperimentate in UEM, e incentivate, nella loro realizzazione competitiva al ribasso, dalla vicinanza transfrontaliera (riforme Hartz, smantellamento del livello delle prestazioni previdenziali e sanitarie ecc. ecc.).
Nel quadro “moneta unica – stabilità dei prezzi, con convenienza verso il basso dell’inflazione (tassi di cambio reale)- pareggio di bilancio”-, si staglia la governance multilivello “funzionale“.
Immaginate, nel quadro appena descritto, e a voi noto, quali mai possano essere gli scopi specifici ULTIMI (quelli veri) di queste forme di potere da “grande società“(notare la stigmatizzazione dei “governi nidificati”: meglio governi svolazzanti e fluidamente sovranazionali):
In particolare, sono state individuati due modelli di multilevel governance, che offrono due risposte alternative ai principali problemi in materia di cooperazione e coordinamento.
Il primo modello è quello che si costruisce intorno a comunità umane/territoriali e si caratterizza per una maggiore dispersione dell’autorità in scopi generici, per la presenza di istituzioni fisse e stabili, ma poco collegate tra loro e per governi “nidificati”.
Il secondo modello, invece,si costruisce intorno a specifici problemi ed obiettivi e si sostanzia in azioni e politiche gestite da istituzioni flessibile e collegate, che operano in modo specifico e funzionale. La prima potrebbe essere definita come territorial governance, caratterizzata da una struttura piuttosto gerarchica e monocentrica, dove le istituzioni operano in maniera stabile e rigida e non c’è integrazione tra settore pubblico e privato.
La seconda, functional governance, è caratterizzata da una struttura policentrica, dove le istituzioni operano in maniera fluida e flessibile, anche attraverso una significativa integrazione con i settori privati o non profit. Il principale tratto distintivo tra i due modelli, che ci consente immediatamente di inquadrare la strategia macroregionale all’interno della functional governance, sta proprio nel carattere funzionale di quest’ultima, cioè nella scelta di agire in maniera congiunta ed integrata su specifici – e quindi pochi – obiettivi, piuttosto che su una generalità di scopi
.”
Capite? Nell’ambito del mercato fortemente competitivo e nel regno della deflazione in pareggio di bilancio pubblico bisogna collegarsi con i “settori privati” sovranazionali e multinazionali (c’entreranno qualcosa le banche?), evitando il cattivo spettacolo della gestione centralizzata e gerarchica dell’interesse pubblico!
Sentite:
Non esiste una definizione univoca del termine “MacroRegione” ed è possibile affermare che quella attualmente condivisa non è stata elaborata a priori, a livello “teorico”, ma è stata costruita sulla base delle proposte
e delle sfide emerse in occasione della preparazione della strategia UE per la regione del Mar Baltico. Il concetto è nato dunque da questa iniziativa. Nel caso specifico, sono emerse e si sono imposte una serie di problematiche rispetto alle quali un’azione nazionale o locale si sarebbe rilevata inadeguata, in quanto imponevano un intervento ad un livello più esteso, comprendente l’intera (macro)regione
La fase di iniziativa vede come protagonisti i territori interessati. Questi, sulla base dell’esistenza di problematiche comuni, si impegnano e si accordano per affrontarle in maniera congiunta ed integrata. I territori regionali e locali hanno dunque un ruolo di promozione ed impulso, a cui segue una fase di attivazione degli Stati coinvolti, che lanciano ufficialmente l’obiettivo del riconoscimento da parte dell’UE della strategia macroregionale.
Se le istituzioni comunitarie danno il loro assenso, in quanto reputano necessaria o quantomeno utile la costruzione di una MacroRegione in quei territori, è possibile procedere, sempre a livello nazionale, all’elaborazione dei “Piani d’azione”. Il passo seguente e decisivo è l’elaborazione di una strategia complessiva, costruita intorno alle priorità da affrontare individuate nei piani di azione e al presumibile impatto che le azioni programmate produrranno.
La strategia viene elaborata dalla Commissione Europea, sulla base di parametri fissati dal Consiglio (al quale spetta anche l’approvazione), attraverso un intenso processo di consultazione con gli Stati membri e le parti interessate della Regione. Per quanto riguarda le modalità attuative, particolare attenzione suscita il dibattito nato con riferimento al modello di governance da adottare. Nel corso delle consultazioni sono emerse tre opzioni:
a) nessuna struttura supplementare (attuazione della strategia e del piano d’azione da parte degli Stati membri);
b) ricorso ad un’istituzione esistente (attuazione della strategia e del piano d’azione da parte di un organismo intergovernativo esistente);
c) approccio comunitario: Consiglio Affari generali(politica) e Commissione (coordinamento e monitoraggio).
È stato ritenuto che i migliori risultati si sarebbero potuti conseguire attraverso l’approccio comunitario, considerando tre fattori: la capacità istituzionale per garantire l’attuazione delle iniziative, la realizzazione
di un migliore coordinamento e coerenza ed infine la garanzia di visibilità e di una maggiore responsabilizzazione
.
Il problema fondamentale viene individuato dalla Commissione non nella mancanza di iniziative o strutture di governance, quanto nell’incapacità delle strutture esistenti di agire in modo efficiente perché troppo frammentate.Unione Europea, Stati membri, Regioni e Comuni si dividono compiti e funzioni – permette di raggiungere un’efficacia superiore rispetto a quella che si avrebbe con un’azione individuale, lavorando cioè in modo frammentato ed individuale. Il tutto, poi, avviene senza sprechi di risorse e senza logiche conflittuali (non vengono stanziati nuovi fondi e non vengono create nuove istituzioni) e nella massima flessibilità (no a nuove normative). È il miglior coordinamento di istituzioni e risorse già disponibili ciò che contraddistingue la MacroRegione, e questo è garantito dalla “supervisione” degli organismi comunitari su una serie di attori, strutture e strumenti già esistenti, ma che, da soli, agirebbero in maniera scoordinata (!!!!! Programmi costituzionali completamente dimenticati: in residuo obsoleto della Storia, ndr.).In tanti, e in modi diversi, hanno sentito l’esigenza di proporre (per l’Italia, per l’Europa, per tutto il pianeta) un progressivo superamento degli Stati nazionali e una più confacente divisione in MacroRegioni, intese come entità al di là degli Stati nazionali, per superare l’impasse nazionalista, e creare nuove identità transnazionali.
L’idea di un’Europa delle Regioni non è recente, ma già agli albori della nascente Comunità Europea ci furono proposte in tal senso e lo stesso progetto “Europe 2000” redatto nel 1991 a Strasburgo ne parlava concretamente.
In questo caso la MacroRegione non rievoca un significato più utopico che realizzabile, ma si tratta di un’applicazione della multilevel governance, di uno “spettacolo” già visto, dove gli attori ed i protagonisti
sono gli stessi (ed anche le risorse), ma ciò che cambia è la sceneggiatura e soprattutto il regista….sembra opportuno precisare il rapporto tra MacroRegione ed altri strumenti cooperativi esistenti, come i sopracitati GECT o le Euroregioni. Partendo dalle prime (esperienze) in senso cronologico, le Euroregioni, bisogna riconoscere che non esistono definizioni univoche o, meglio, ne esistono diverse che, di volta in volta, ne ampliano o ne restringono il significato. Il termine inizia ad essere utilizzato nell’ambito della Convenzione di Madrid, con riferimento alle prime forme di cooperazione transfrontaliera, ma non ha mai, neanche successivamente, identificato un modello tipizzato.
Tuttavia, sono state individuate alcune caratteriste proprie del modello euroregionale: “si tratta di un’associazione di enti territoriali appartenenti a due paesi confinanti, dotati talora di un’assemblea e comunque di una struttura amministrativa autonoma e di proprie risorse; usualmente ha personalità di diritto privato, con una configurazione assimilabile agli statuti degli enti senza scopo di lucro in accordo con le leggi dei paesi cui appartengono gli enti territoriali.
Macroregione alpina, macroregione ionico-adriatica e tante altre belle iniziative. Qualcuno coglierà la convenienza politica “localizzabile“: sganciarsi dalle aree più deboli di uno stesso Stato nazionale e navigare nella “flotta veloce” della competitività; illudendosi che il processo, basato sul liberismo della moneta unica, possa mai aver fine.
Ed infatti, da lungo tempo, a Confindustria l’idea piace: e lo ribadiscono, con l’idea della Confindustria autonoma del Nord-est…nella macroregione europea…delle Alpi (oltre il Brennero).
E, naturalmente, in chiave di “competitività” da recuperare, MA SENZA MAI RINUNCIARE ALL’EURO e senza mai menzionare come in concreto la macroregione dovrebbe recuperare i “20 punti“, Confindustria lo ribadisce anche oggi.
Ma così, lanciando ciambelle di salvataggio selettive, fluide e ben collegate al settore privato, riusciranno a “spaccare” definitivamente la sovranità democratica delle Costituzioni nazionali. E a mandarle in soffitta con tutti i diritti fondamentali…non competitivi.
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MACROREGIONI

La regione del Danubio conta più di 100 milioni di abitanti e rappresenta un quinto della superficie dell’Unione europea (UE).Coinvolge 14 Stati:

Uno dei progetti in valutazione è il Danube Shipwreck Removal (volto a rimuovere i relitti navali dal Danubio),

nove membri dell’UEGermania
Austria
Ungheria
Repubblica ceca
Repubblica slovacca
Slovenia
Bulgaria
Romania
Croazia
cinque paesi non UESerbia
Bosnia-Erzegovina
Montenegro
Ucraina
Moldavia

La strategia per il Danubio si basa sull’esperienza acquisita in merito alla regione del mar Baltico e propone un piano d’azione integrato, articolato intorno a quattro assi:

  • creare collegamenti, per migliorare la mobilità e la multi-modalità; per incoraggiare un’energia più sostenibile e per promuovere cultura, turismo e i contatti tra le popolazioni
  • proteggere l’ambiente, per ripristinare e mantenere la qualità delle acque; per gestire i rischi ambientali e per preservare la biodiversità, i paesaggi e la qualità dell’aria e del suolo
  • sviluppare la prosperità, per sviluppare la società della conoscenza attraverso la ricerca, l’istruzione e le tecnologie di informazione; per supportare la competitività delle imprese, tra cui cluster development, e per investire nelle persone e nelle competenze
  • rafforzare la regione, per rafforzare la capacità istituzionale e la cooperazione e per collaborare a favore della promozione della sicurezza; per contrastare efficacemente il crimine organizzato

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Macroregione del Mar Baltico (EUSBSR), adottata nel 2009, raggruppa otto Stati membri che hanno unito le loro forze per affrontare sfide specifiche attinenti alla regione, in particolare la situazione ambientale del Mar Baltico.

Uno dei progetti della Macroregione è Baltic Manure (che permette di produrre energia rinnovabile e fertilizzanti biologici a partire dal letame)

Svezia
Danimarca
Estonia
Finlandia
Germania
Lettonia
Lituania
Polonia

La strategia inoltre è aperta alla cooperazione con i paesi limitrofi, tra cui la Russia e la Norvegia.

La sua attuazione si basa sul rafforzamento della cooperazione fra i governi nazionali e regionali, le imprese e la parte restante della società civile.

Le misure adottate nel quadro della strategia rientrano in quattro sfide chiave:

la creazione di un ambiente sostenibile
il miglioramento della prosperità della regione
il miglioramento dell’accessibilità e dell’attrattiva
la garanzia della sicurezza nella regione

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La Macroregione adriatico ionica è concepita come una forma innovativa di cooperazione interregionale e transnazionale, allo scopo di rafforzare i processi democratici e l’accelerazione del percorso di integrazione europea dei Paesi balcanici. Gli obiettivi indicati dal piano d’azione di Eusair sono: la cosiddetta crescita blu volta a contrastare lo sfruttamento eccessivo della pesca; il rafforzamento delle reti dei trasporti e dell’energia; la qualità ambientale visto l’inquinamento di fiumi e mari; e il turismo sostenibile.

Interessa i territori di otto paesi:

quattro Stati UESlovenia
Grecia
Italia (8 regioni: Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia)
Croazia
quattro Stati in fase di adesione o pre-adesioneAlbania
Bosnia-Erzegovina
Montenegro
Serbia

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Macroregione alpina (EUSALP), che comprenderà tutte le regioni delle Alpi, dalla Francia alla Slovenia, Svizzera compresa, con al centro le sei regioni dell’Italia settentrionale. Su questo tema, ancora in lavorazione, è intervenuto Alvaro Ancisi, membro del Comitato delle Regioni, a nome della delegazione italiana e con delega del presidente dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI), Piero Fassino.

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