Quando Scalfari minacciò i giudici che volevano carcerare De Benedetti

scalfari26 sett – Strana storia davvero, quella delle tangenti Olivetti. A Roma, dove intanto le indagini vanno avanti, si scopre che hanno riguardato non solo le commesse delle Poste, ma anche quelle delle Ferrovie. Nel primo caso l’azienda, dal 1989 al 1991 ha pagato ai dirigenti ministeriali e ai partiti una bustarella del 6 per cento sui 168 miliardi di lire incassati per una lunga serie di forniture: in totale 11 mila telescriventi e quasi 9 mila stampanti di cui non c’era praticamente bisogno (oltre 3 mila in quel momento sono ancora imballate).

Passano quindi sei mesi e alla fine di ottobre la Procura di Roma chiede l’arresto dell’Ingegnere: De Benedetti, irreperibile per 24 ore, il 2 novembre si fa interrogare dal pm Maria Cordova nella stanza dei colloqui del carcere di Regina Coeli. Fino a tarda sera anche con lei tenta di usare le giustificazioni adottate con Di Pietro. Non gli va altrettanto bene, soltanto per un soffio evita l’onta di una cella e in extremis riesce a ottenere gli arresti domiciliari nella sua bella casa romana di via di Monserrato.

Quella settimana L’Espresso mette la notizia in copertina, sintetizzandola in quattro parole singolarmente ermetiche: «De Benedetti a Roma». E La Repubblica? Scalfari inverte la prua del giornale, da due anni posseduto dall’Ingegnere e da tempo trasformatosi nel tetragono sostenitore di ogni minima attività giudiziaria di Mani pulite: «Questa volta» scrive «noi avvertiamo una vivissima preoccupazione. come cittadini, per il modo di procedere della Procura di Roma». Quindi conclude, un filo minaccioso: «Stiano con gli occhi ben aperti, i procuratori, perché il rischio che eseguano senza saperlo vendette su commissione incombe pesante sul loro operato».

Fonte: Panorama

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One thought on “Quando Scalfari minacciò i giudici che volevano carcerare De Benedetti

  1. mi sembra che il sig. de benedetti abbia ora la residenza svizzera; servono ulteriori commenti?

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