22 miliardi per spese militari e “digitalizzazione dell’Esercito”

milit7 mag – 22 miliardi. E’ la cifra sbalorditiva che, in barba alla crisi, le Forze Armate italiane si apprestano ad impiegare per la cosiddetta digitalizzazione dell’Esercito, un record che batte persino le stime per l’acquisto dei famosi F-35 (14 miliardi di euro).

Tre miliardi per i satelliti militari, oltre 600 milioni per un missile che resterà prototipo“. Sono alcuni dei programmi più esosi e discutibili delle forze armate, progetti militari ignoti ai più che si traducono in “miliardi a carico dei cittadini” e descritti nel prossimo numero del settimanale l’Espresso come “il buco nero della Difesa”, che inghiotte ogni anno fiumi di denaro per “iniziative di dubbia utilità”.

Grazie a un documento redatto dal governo Monti, infatti, è possibile ricostruire il costo previsto per alcuni degli investimenti più sorprendenti. “Il capitolo più discutibile riguarda l’attività spaziale. L‘Italia infatti ha una costellazione di satelliti spia e da comunicazione militare: sono già costati due miliardi di euro e si prevede di spendere un altro miliardo nei prossimi anni”, si legge nell’articolo a firma di Gianluca Di Feo, anticipato oggi e pubblicato sul numero che uscirà domani in edicola.

Il programma Forza Nec prevede, invece, di trasformare tutto l’Esercito in un’unica rete digitale. “Il preventivo è di 22 miliardi di euro, un record che surclassa persino le stime per il supercaccia F35. È una passione dell’ammiraglio Gianpaolo Di Paola, che l’ha imposta nel 2006 quando era a capo delle forze armate, l’ha sostenuta poi dal vertice della Nato e come ministro tecnico l’ha salvata dall’amputazione della spending review“, riferisce l’Espresso. Ed è “una gioia anche per Selex Es”, società di Finmeccanica, che come “prime contractor” gestirà tutto in esclusiva. Un ottimo affare, perché da qui al 2031 tutto quello che verrà comprato dall’Esercito passerà attraverso il programma Forza Nec: fucili, elmetti, maschere antigas, autoblindo, fuoristrada, carri armati dovranno essere “digitalizzati”.

Tra i tanti “paradossi” della tecnologia bellica a carico dei contribuenti, si legge ancora, c’è anche la scelta di finanziare due distinti programmi per la contraerea. Dieci anni fa l’Italia è entrata contemporaneamente nel consorzio europeo per il missile Samp-T e in quello con Germania e Stati Uniti per il missile Meads: entrambi destinati a fare più o meno le stesse cose. Ma “il sistema Meads concepito sull’asse Roma-Berlino-Washington è destinato al flop” e “la progettazione diretta dalla Lockheed è stata lenta e ha divorato fiumi di quattrini: oltre 3 miliardi di euro, inclusi 593 milioni sborsati dall’Italia.

Un fiume di denaro pubblico che servirà, tra l’altro, a dotare un élite di 558 “soldati del futuro” (circa mezzo milione di euro ad unità) di tecnologia bellica high tech. 

Dall’avanguardistico mirino Specter integrato con una microtelecamera ad infrarossi, agli occhiali per la visione notturna montati sull’elmetto, ai mini navigatori gps piazzati sulla spalla al lanciagranate coassiale con correttore automatico di tiro fino al tablet blindato con touch screen per i comandanti. 

Su quest’ultimo “fondamentale” strumento, tuttavia, i tecnici manifestano qualche perplessità: c’è la possibilità, infatti, che possa non funzionare nelle battaglie ingaggiate nel fango.

A proposito: la Costituzione italiana, all’articolo 11, recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”

 

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