Colf asiatiche nei ricchi Paesi del Golfo: abusi all’ordine del giorno

DUBAI, 10 OTT – Una buona opportunita’ ma anche un grande rischio: si riassume cosi’ la situazione delle milioni di collaboratrici domestiche asiatiche che decidono di offrire i loro servizi nei ricchi Paesi del Golfo, occasione per guadagnare e risparmiare cifre impensabili nei loro paesi d’origine ma anche possibilita’ di vivere e sopportare abusi di ogni genere.

Maltrattamenti fisici e mentali in grado di innescare reazioni che sfociano in tragedie – omicidi, suicidi, ricoveri in ospedale – toccano solo una esigua minoranza delle colf impegnate nella regione, ma abusi molto piu’ diffusi e molto meno evidenti, complice l’assenza o la lacunosita’ di leggi a loro tutela, riguardano invece una fascia molto piu’ ampia.

Passaporti sequestrati, paghe irrisorie o non corrisposte, orari estenuanti, nessun giorno di riposo settimanale, sono alcuni degli esempi piu’ frequenti. Senza contare le stesse agenzie di collocamento che forniscono un contratto a determinate condizioni nel paese d’origine e poi costringono a firmarne un altro a condizioni molto meno vantaggiose una volta arrivate nel paese dove prenderanno servizio.

Qatar: lavoratori qatarini pagati il triplo degli stranieri

I governi delle Filippine, paese con il maggior numero di domestiche nella regione, ed il Nepal, che tra le collaboratrici domestiche in servizio bel Golfo ha registrato 82 suicidi solo negli ultimi 18 mesi, hanno preso contromisure contro il sistema incontrollato di sfruttamento. L’ultima vittoria di Manila sull’Arabia saudita e’ l’accordo raggiunto per il riconoscimento del minimo salariale (circa 310 euro al mese piu’ vitto e alloggio), con obbligo di deposito bancario per meglio monitorare e documentare eventuali inadempienze da parte del datore di lavoro. La soglia d’eta’ minima e’ stata alzata a 23 anni.

Un accordo molto simile nei termini e’ in via definizione con gli Emirati Arabi Uniti dove l’attache’ filippino per il lavoro sta stilando una registro delle agenzie di collocamento che presentano piu’ casi di abusi. Provvedimento per fotografare una situazione esistente e per annuallare contratti con le agenzie meno sicure, per il futuro.

In discussione con le monarchie petrolifere, ma anche con altri governi dell’area mediorientale, e’ inoltre l’introduzione di una clausola che permetta il rimpatrio delle lavoratrci domestiche in caso di instabilita’ politica. Innumerevoli sono infatti i casi di domestiche filippine e asiatiche rimaste intrappolate in Libano, in Bahrein ed ora in Siria, in alcuni casi lasciate ”a guardia” delle proprieta’ mentra la famiglia fuggiva al riparo dai bombardamenti.

Il Nepal, che ha recentemente riaperto il mercato verso i paesi del Golfo dopo averlo chiuso per l’alto numero di abusi, ha imposto come eta’ minima per le domestiche, 30 anni. (ANSAmed).

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