Italiani furbastri e Germania lungimirante? (la Germania sta nascondendo 7mila miliardi di debiti)

di Alessandra Nucci

19 giu 2012 – I luoghi comuni che rimbalzano sui computer degli investitori internazionali dipingono l’Italia, come gli altri paesi riassunti nell’acronimo offensivo “PIIGS”, come un paese inaffidabile che ha vissuto al di là dei propri mezzi. Al confronto la Germania viene dipinta come l’unica saggia e affidabile risparmiatrice, giustificata nel rifiutarsi di garantire in solido i debiti degli altri.

Prima che questa narrazione finisca per far diventare vero un disastro economico nient’affatto scontato, allo stesso modo con cui il panico che scatena la corsa a ritirare i risparmi dalle banche fa inverare un dissesto altrimenti evitabile, ho raccolto le notizie degli ultimi mesi che non ce la fanno a stare sulle prime pagine dei giornali.

Non è un elenco esaustivo, ci sarebbe ancora altro da dire, ovviamente in un senso e nell’altro. Ma siccome non manca certo chi dice male dell’Italia mentre esalta la Germania, qui mi limiterò a elencare – alla rinfusa – solo i dati che alla Germania conviene vengano occultati. Perché? Per continuare a raccogliere il risparmio da tutto il mondo. Gratis.

1) La Germania da 16 anni non include nel proprio debito pubblico le passività del Kreditanstalt fur Wiederaufbau (KfW), in tutto assimilabile alla nostra Cassa depositi e prestiti. Si tratta di 428 miliardi di euro, utilizzati per mutui a enti locali e piccole e medie imprese, interamente garantiti dalla Repubblica federale. Le obbligazioni della KfW sono uguali ai bund, ma a differenza dei bund magicamente non entrano nel conto del debito, in barba al Trattato di Maastricht. Se conteggiati, il debito pubblico tedesco salirebbe dall’80,7% del PIL al 97,4% già adesso.

2) Lo spread ci costringe in ogni momento a considerare parametro positivo i tassi dei bund tedeschi. Ma a quanto pare questi sono bassi grazie a un artificio.
Il Trattato di Maastricht vieta alle banche centrali dell’eurozona l’acquisto di titoli del debito pubblico sul mercato primario. E’ una delle cose che sta strozzando la Grecia. Ma la Germania cosa fa? Si concentra sulla parola “primario” e al momento di un’emissione mette solo una parte dei suoi titoli sul mercato primario. Facendo così un’offerta bassa, non è costretta a inseguire i compratori alzando i tassi di interesse. La parte di titoli che non è comprata semplicemente li mette da parte. Poi la Finanzagentur lo colloca discretamente sul mercato secondario, e qui la Bundesbank lo può acquistare senza tradire Maastricht.

3) Malignità degli invidiosi? Allora leggiamo un giornale tedesco: Handelsblatt. Il 23 settembre scorso, diceva che la Germania sta nascondendo 5 mila miliardi di debiti.
Il debito ufficiale della Germania per il 2011 era di 2.000 miliardi, ma secondo Handelsblatt nel calcolo non è inclusa la maggior parte delle spese previste per le pensioni, la sanità e l’aiuto alle persone non autosufficienti. Considerando tutto, il debito tedesco raggiungerebbe i 7.000 miliardi di euro. La Germania sarebbe dunque indebitata per il 185 per cento del suo prodotto interno lordo, e non per l’85 per cento come dichiarato ufficialmente. Per fare un confronto, il debito greco dovrebbe raggiungere quest’anno il 186 per cento del pil, mentre quello italiano arriverà al 120 per cento.

La soglia critica oltre la quale il debito ostacola la crescita è il 90 per cento del pil. Dal 2005, ovvero da quando è alla guida della Germania, Angela Merkel “ha creato più debito di tutti i cancellieri degli ultimi quarant’anni messi insieme“, sottolinea il capo economista del quotidiano. “Questi 7.000 miliardi di euro rappresentano un assegno a vuoto firmato dai tedeschi, che verrà pagato dai nostri figli e nipoti”.

4) E che dire dei titoli tossici di cui traboccano le banche tedesche, e in parte anche francesi, ma dai quali le banche italiane, salvo in piccola parte l’Unicredit, si sono tenute alla larga? Questo dovrebbe essere il nostro punto di forza. Invece macché, Grazie all’autorità bancaria di Basilea, la European Banking Authority, presieduta peraltro da un italiano, Andrea Enria, le banche italiane vengono strangolate e con esse ogni possibilità di uscire dalla crisi, e quelle tedesche e francesi vengono salvate.
Come? Imponendo a tutte le banche di iscrivere a bilancio le obbligazioni non al valore a cui verranno rimborsate, cioè al valore nominale, che è quello reale, ma al valore che avrebbero se fossero venduti sul mercato.

Ma, com’è noto, la speculazione, a cui dette il via la Deutschebank che scaricò platealmente 8 miliardi di nostri titoli in un sol giorno l’estate scorsa, ha affossato i nostri titoli e premiato quelli tedeschi e francesi. Quindi i Bot e i Btp in borsa valgono molto poco mentre i titoli tedeschi e francesi sono quotati a più del valore nominale. Ciò consente alle banche di Germania e Francia di vantare riserve ALTE, nascondendo i loro titoli tossici, diluiti nel mare dei loro titoli di grande valore, mentre le banche italiane risultano avere riserve più basse.
E’ un falso clamoroso perché giunti a scadenza i titoli vengono rimborsati al valore nominale.
Ma non basta: siccome la stessa autorità di Basilea impone alle banche di tenere ferme delle riserve molto alte, ciò significa che le banche italiane, le cui riserve risultano così deprezzate, sono costrette a cercare molti più capitali delle banche francesi e tedesche. E’ anche così che si rinforza l’impressione che l’Italia sia in difficoltà rispetto a Germania e Francia.

5) Recentemente a sfatare i luoghi comuni indispensabili per mantenere intatta la credibilità di Berlino ci ha pensato Bloomberg, che ha spiegato il meccanismo con cui le banche tedesche hanno avuto un beneficio immediato dal salvataggio della Grecia.

http://www.bloomberg.com/news/2012-05-23/merkel-should-know-her-country-has-been-bailed-out-too.html

Infatti alla fine dei conti, del totale di €340 miliardi di prestiti ufficiali inviati alla Grecia, solo all’incirca 15 miliardi sono arrivati direttamente dalla Germania. Il resto viene dalla Bce, dall’Ue e dal FMI, cioè da tutti noi.

Che adesso il merito vada alla sola Germania è un paradosso difficile da accettare, specie per gli italiani che vivono oggi gli effetti della mossa plateale con cui la DeutschBank scaricò 8 miliardi di titoli italiani in un solo giorno del 2011, scommettendo poi con gli swap sul nostro fallimento.
http://www.corrispondenzaromana.it/berlino-e-debitrice-con-i-paesi-ue/

6) Vogliamo parlare della disoccupazione? Da più di un anno e mezzo i tedeschi ironizzano sull’arte ellenica di truccare i conti. In settembre però a seguito di una interrogazione al governo del gruppo parlamentare Bündnis 90/Die Grünen, si è scoperto che una norma approvata dall’esecutivo tedesco permette di imbellettare i dati sulla disoccupazione teutonica: chi ha almeno 58 anni e ha percepito per almeno 12 mesi il sussidio Hartz IV senza aver ottenuto alcuna offerta di lavoro non viene incluso nella categoria dei disoccupati. Si tratta di più di 100.000 persone che da circa tre anni e mezzo non appaiono nei numeri ufficiali sulla disoccupazione tedesca, bensì in quelli della “sotto–occupazione”. Senza questi trucchi, il tasso di inattività dei lavoratori più anziani (tra i 55 e i 64 anni) salirebbe dall’8% al 9,7% (in settembre 2011 la disoccupazione italiana era all’8,3%, quindi più bassa della media dell’euro-zona (10,2%) e perfino degli Stati Uniti (9,1%).

7) Noi lavoriamo forse meno dei tedeschi? Non è vero neppure questo. Anche prima che Monti la aumentasse, la nostra età pensionabile – eliminate le pensioni di anzianità – era più alta di quella francese e pari a quella tedesca. A fronte di una pensione mediamente più bassa, e contributi più alti. In media, inoltre, secondo un rapporto della banca francese Natixis del 2011 si rileva che un tedesco lavorava 1.390 ore l’anno, un francese ne lavorava 1554 e un italiano ben 1773.

Leggo sui bollettini “di guerra” che girano che il costo del lavoro italiano è aumentato negli ultimi anni, mentre quello tedesco è rimasto inalterato. Ma questo è l’aumento! Le paghe degli italiani, ha rilevato l’Osce poche settimane fa, sono fra le più basse d’Europa: siamo al 26° posto su 34 paesi. Che poi il costo del lavoro pesi molto sui prezzi finali è dovuto al peso fiscale, non certo ai lussi della classe lavoratrice.

8) Magari questa è l’occasione per estrarre dalle nebbie la verità sul cambio lira/euro che nel 2001 impoverì gli italiani del 50% dalla sera alla mattina. Esiste una prova chiara e incontrovertibile che il cambio che fu imposto era iniquo ed anche questo passò dalla Germania.

Prima dell’entrata in vigore dell’euro se andavi in Germania per comprare il Deutschmark ci volevano dalle 900 a 1000 lire, massimo. Per comprare l’euro com’è noto di lire ne abbiamo date 1936,… Ma i tedeschi per il loro marco hanno ottenuto il cambio alla pari. Un marco un euro. Allora, se l’euro valeva un Deutschmark, avremmo dovuto pagarlo al massimo 1000 lire. Invece l’abbiamo pagato quasi il doppio.
Questo perché la Germania andava bene e noi male? Beh, noi i conti in ordine non li avevamo, ed è stato scritto che l’allora Governatore della Banca d’Italia Carlo Azeglio Ciampi fece un escamotage per farci entrare nel paradiso UE: nascose il debito delle FFSS sotto una voce esterna al conteggio presentato. Ed è ormai notorio che pure la sventurata Grecia fece delle scorrettezze contabili, aiutata dalla Goldman Sachs.

Prodi e Ciampi truccarono i conti per entrare nell’euro e la Germania lo sapeva

Però a questo punto occorre notare che non è vero che la Germania fosse un gioiello di perfezione economica, per il semplice fatto che dieci anni prima aveva, per motivi di fratellanza teutonica, inglobato l’ex-DDR, la Germania Est (corrispondente grosso modo alla storica Prussia) che aveva l’economia a pezzi, regalando ai tedeschi dell’Est la parità istantanea con il Deutschmark. A ogni singolo prussiano regalarono subito una somma di benvenuto Begrüßungsgeld, che sarà stata una mancetta, d’accordo, ma va moltiplicata per milioni, e poi dopo sarebbe interessante sapere con quali effetti economici integrarono nella loro economia tutta l’economia e la previdenza sociale di un intero Paese.
In altre parole la Germania, che dovrebbe essere il faro dell’europeismo transnazionale, si sta dimostrando ancora una volta assai nazionalista.

(chi può dare “lezioni” in questo campo semmai siamo noi visto che ogni volta che un italiano fa carriera in campo europeo l’Italia viene ….. svenduta!)

9) La Germania inflessibile e sprezzante dimentica l’ultima volta che ha avuto bisogno lei di un salvataggio dai creditori del mondo. Fu alla fine della prima guerra mondiale, e com’è noto fu salvata a condizioni tremende, le quali suscitarono la reazione che portò all’ascesa di Hitler.
Eppure, dati alla mani, quelle condizioni erano migliori di quelle che la settimana scorsa hanno fatto a pezzi la Grecia. V. A.Evans Pritchard sul Daily Telegraph del 13 febbraio:
http://www.telegraph.co.uk/finance/comment/ambroseevans_pritchard/9077586/Germanys-Carthaginian-terms-for-Greece.html

10 ) Infine: la tanto decantata superiorità della Germania in che risiede? Non ce l’ha nell’informatica e nelle telecomunicazioni; non in fonti energetiche proprie; non nella finanza perché le sue banche hanno fame di capitali da soddisfare urgentemente e paura di tutte le schifezze più o meno evidenti nei loro portafogli; i suoi länder hanno buchi di bilancio come alcune regioni italiane; è forte nell’industria automobilistica ma l’auto è un prodotto maturo; ecc. E, allora, su che si basa la forza dei bund? Contiamo quanti prodotti maturi hanno i tedeschi e quanti gli italiani.
(cfr P. Bonazza, Lo stato di salute economica della Germania è da dimostrare (c) Italia Oggi 15 febbraio 2012) E andiamo a vedere quante aziende italiane sono state avidamente acquistate da compratori esteri: è un tragico elenco che non finisce più.

E adesso, dopo averci massacrati (a partire dall’attacco “umanitario” alla Libia che ha travolto le nostre imprese e riaperto i fiumi di immigrazione che si erano fermati) vogliono papparsi anche le proprietà immobiliari, magari anche “i gioielli di famiglia”, ovvero le grosse aziende strategiche. Già sono riusciti, dopo anni di pressioni da parte degli americani, a far scorporare la Snam dall’Eni. In modo tale da scalarla ovviamente. E dopo sarà il turno di Finmeccanica, Impregilo, Fincantieri…. Sono in rosso dite? Certo, e i sindacati, se no, a cosa servono?

Scaroni: Snam cessione forzata voluta dalla presidenza del consiglio, ci adeguiamo con un po’ di malinconia

11) L’Italia non andava male. Anzi, andava meglio degli altri. A questo link:

http://www.ilsussidiario.net/News/Economia-e-Finanza/2011/12/14/FINANZA-C-e-un-grafico-che-inchioda-la-Germania/228765/

si trova un grafico che dimostra l’andamento negli ultimi sei anni dei debiti sovrani. Di cosa è composto il nostro piccolo aumento annuale? Tutti interessi sul debito già esistente. Invece quello che sta facendo aumentare il debito della Germania è fatto per più della metà di sostegno al settore finanziario.

Se lasciata stare l’Italia avrebbe anche ridimensionato questo unico dato negativo a suo carico: il debito. Perché il trend dimostra che gli altri ci stavano raggiungendo al galoppo.

L’ anno prossimo gli Stati Uniti saranno a un rapporto debito/PIL del 100%, e sono dimensioni MOLTO più grandi delle nostre. Il Giappone ha un rapporto al 200%, ma non preoccupa perché l’economia sottostante è sana e il debito è in mano ai giapponesi. Era così anche per noi, l’economia reale prima dell’arrivo del governo Goldman era sana, e il nostro debito era in mano alle banche e ai privati italiani, la nostra ricchezza era intatta perché consisteva nei risparmi dei cittadini, i quali da assennati avevano investito nel mattone. Già: il mattone: esattamente la prima cosa che Monti ha preso di mira per finire di distruggerci.

 Alessandra NucciGiugno 2012

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